martedì 26 gennaio 2010

Pasta, radicchio e b-boyxlopitation

Prendi delle foglie di radicchio, lavale, sminuzzale e falle cuocere a fuoco lento con burro.
Fu con un'apparizione di pochi secondi nel film Flashdance, che nel 1983 il fenomeno Breakdance esplose in tutto il mondo. Come a pionieri del calibro di Trac 2 e Spy, allo stesso modo dobbiamo dare credito a produttori come Henry Chaflant e artisti come Martha Cooper che contribuirono alla diffusione planetaria di questa disciplina. La moda era esplosa: film hollywoodiani (Breakin', Breakin 2), apparizioni televisive (I New York City Breakers in Argentina!), videoclip su Mtv, dischi (Uprock dei Rock Steady Crew), articoli sul New York Times. Si trattava di una vera e propria breaksploitation. Per tutti gli anni '80, i falchi dello show-business, con occhio esterno e forse per questo più lucido, si occuparono di dare una ripulita ai "ballerini di strada". L'asfalto si trasformò in parquet e i b-boy furono ben lieti di mangiare i frutti dell'albero proibito. Poi, come un fuoco di paglia, la moda svanì. Lo "sfruttamento" (exploitation) era terminato e al Breakin rimase solo un nome stereotipato nella cultura popolare e il complesso di Stoccolma verso i propri manager.


Prendi una manciata di noci, sgusciale,sminuzzale e uniscile a latte,uno spicchio d'aglio e una spolverata di noce moscata. Poi frulla tutto.
L'underground continuò a pulsare e gli anni a seguire viderò una grande evoluzione tecnica ed estetica. Così, scavalcato il millennio le nuove scene asiatiche ed europee avevano riportato la breakdance all'attenzione mediatica ed avviato una proficua stagione nel campo dell'insegnamento. Ma la scena underground provava ancora un amore perverso nei confronti del proprio sfruttatore, un legame nei confronti di quel mondo commericiale che l'aveva "sedotta e abbandonata" e che magari, un giorno, avrebbe potuto riprenderla fra le sue braccia.


Unisci la crema di noci al radicchio e fai amalgamare a fuoco medio per un paio di minuti.
Ad oggi, questa "dipendenza amorosa" persiste, ma c'è una novità. Alcuni b-boy stanno tentando di invertire il flusso di sfruttamento. Si stanno organizzando, dal cuore dell'underground, per proporre all'esterno qualcosa di già "economically correct". Questa è la b-boyxploitation. Come i b-boy nel cerchio sono contemporaneamente attori e spettatori, così nel business sono sia sfruttati sia sfruttatori. Autoproduzione e autosponsorizzazione. Se fino a pochi anni fa si demonizzava la figura del breaker (il commerciale) e si elogiava quella del b-boy (l'undergound) ora stiamo assistendo ad una "sintesi degli opposti". Precisiamo: fin dagli anni '80 esistono b-boy rispettati nell'underground che allo stesso tempo hanno un carriera come breaker. Una scelta, una prospettiva più o meno condivisibile che non andava ad intaccare i cosiddetti principi dell' essere b-boy. Ed è proprio su questi paradigmi che agisce la b-boyxloitation: dalla possibilità di relazionarsi con il commerciale si passa ad una vera e propria ingiunzione. Se prima si iniziava dall'underground e, per scelta, si passava al commerciale ora il percorso è inverso. Si parte dalla scuola di ballo e si finisce nel cerchio della jam. Hardcore post business. Ma, e sta qui la novità, lo stesso underground ora è in un certo modo "intaccato" dall'interno. I significanti per riconoscere e riconoscersi b-boy assomigliano sempre più a quelli del breaker e viceversa.


Prendi la pasta (mezze-maniche), cuocila al dente e buttala in pentola assieme al preparato.
Stiamo voltando pagina, anzi stiamo incollando una nuova pagina sopra quella vecchia. Siamo diventati liberi professionisti: manager con le sneakers. Schierarsi nel circuito on-line di bboyworld.com o thebboyspot.com oggi equivale a prendere parte e schierarsi in un battle; indossare gadget del "Circle Kingz" piuttosto che vestire "Biggest & Baddest" o l'italiana "Fluido" equivale a possedere una skill piuttosto che uno status; competere nel cerchio significa ancora esprimersi dando il 100% ma anche, e sempre di più, ritagliarsi un posto nella hall-of-fame, o essere premiati per il cypher-sniper (miglior b-boy nel cerchio); conoscenza (knowledge) ma anche "conoscenze" (relationship) come passepartou a nuovi eventi.


Metti la pasta in un piatto e guarnisci con una foglia di radicchio e mezza noce sgusciata. Buon appetito!
Parafrasando Chesterton, il nuovo b-boy di oggi "deve desiderare la vita come l'acqua e bera la morte come il vino".

giovedì 21 gennaio 2010

Crazy in Sevilla

da
L'Agenda Nera di Nexus - Sevilla, 18/01/2010

"Con i piedi a penzoloni sopra al fiumei di gelatina che placido accompagna i nostri risvegli pomerifiani, penso. Penso ai giorni delle 6 di mattina in disco, delle 7 in strade fantasma, delle 8 a mayonese & frittata, alle 9 della Dolce Vita, alle 10 degli occhi sbarrati, alle 11 di Macarena che non si azzitta e alle 12 del tanto evitato Grande Sonno. Guardo le scarpe consumate e in secondo piano l'acqua melliflua insegue i riflessi d'un cielo opaco. Sirene, metallo, auto che scorrono. Sevilla e le oche sotto al ponte di ferro. Un bagliore e il sole si tuffa nel rìo imbarazzato. Poi scompare di nuovo. E mi alzo."


Immergo la testa nel cielo fresco di Sevilla. Dalla cima del campanile inquadra la città a 360°. Che pace! I polmoni spugnosi s'imbevono d'ossigeno. A Osvaldo vola via il cappello, ma riesce ad afferrarlo appena aldilà del baratro. E' il primo giorno e il clima è caloroso. La notte l'abbiamo passata sul pavimento tombale dell'aeroporto a fare a gara di backspin. Risultato: concezione spazio-temporale alterata e occhiaie come nacchere. Beatrice è radiosa, anzi radioattiva. Vuole farci vedere mille cose ma al calar del sole Antonio si tramuta in Dracula e noi come lui evaporiamoo in casa lasciando una macchia di acido verde.
Ma la Melandri's Gang è come una fenice: risorge sempre! E quando risorge la prima cosa che fa è...cucinare. "Si, siamo i cuochi italiani" - ci diciamo - "Si, siamo i più simpatici della terra!" Il nostro spirito patriottista aumenta ancor di più dopo la presentazione della amiche di Bea: Esperanza detta Espe (o anche "zinnona"), Macarena detta Red-Bull, Cristina detta La Timodona, Julia "male-detta" e infine Mamen, detta...vabbè lasciamo stare, avete capito. La cucina diventa un crogiuolo di idee gastronomiche e cirrosi epatiche. L'allegra combriccola prepara paste, sughi, creme, crostini, pizze, arancini e polpette a tempo di swing. Ma ogni orchestra ha il suo direttore, come ogni cucina ha il suo segreto. Il nostro, è il sudore di Osvaldo che annebbia i vetri e vaporizza le pietanze di ammoniaca donandogli quel gusto agrodolce che ci distingue in tutto il mondo. That's why Italians do it better. Le mattine diventano pomeriggi, i pomeriggi diventano tramonti, e ormai usciamo di casa con le ombre lunge. Il Quadalquivir ci osserva languido con la sua lingua azzurra che taglia in due il paesaggio dal terrazzo di casa. Ascolta e vede tutto ma rimane in silenzio. Noi invece ci diamo al al rutto libero e al meteorismo sportivo. Inizia la sagra della volgarità maschile a cui segue quella femminile, di gran lunga più sconvolgente.

Tra le cazzate compiute durante la settimana ricordiamo: Osvaldo che paga 96€ di multa per non aver fatto il check-in online; Niccolò e il sottoscritto che corrono in mutande nel parco inseguiti dalla polizia; Osvaldo che dorme avvolto in un ammasso di vestiti, calzini sporchi e cipolle; clamoroso ricovero in ospedale del fratello di Bea (poco prima aveva imprecato perchè abbassassimo la musica della cucina adiacente alla sua camera); perverso atto di autolesionismo di Espe che colpisce Osvaldo con un pugno e si rompe un dito; agghiacciante after-hour con Macarena vincitrice del guinnes per "il-rompimento-di-coglioni-più-lungo-della-galassia". Oltre a questo, gli atti di om osessualità sparsi ci hanno conferito il tesserino di "Maricones Italiani" con il quale da oggi potremo entrare gratis in tutte le dark room d'europa.
Ogni tanto ci concediamo un allenamento alla galleria del centro o una passeggiata lungo il fiume. Scatta anche il momento del "famose i cazzi nostri" ma il nostro stato di sbronza-teleologica, ci fa convergere tutti al punto di partenza. Tutti insieme appassionatamente! In disco si crea puntualmente il cerchio, con Antonio che balla con la leggerezza del meteorite che estinse i dinosauri 230 milioni di anni fa. Ma ad estinguersi questa volta sono i nostri fegati che a colpi di Rum, Sangria, Tinta de Verano e Lambrusco tentavano di fare il check-in online con ryanair e tornare in Italia prima del tempo. Ma nella mia Agenda Nera avevo scritto a priori:"Non ci sono limiti, chi non dà il 100% è uno stronzo!". E infatti, l'unico Stronzo sono stato proprio io che l'ultima notte sono crollato a letto appena alle 3. [...]

Poi le lacrime, gli abbracci, ancora sto cazzo di check-in online e un'ultima occhiata sbafata al Quadalquivir sorridente.



"Me voy Sevilla, recuerdate que no soy gay."


Dedicato a Melandri's Gang, Bea e le amiche di Sevilla.

venerdì 15 gennaio 2010

Soul Kitchen


Ecco la situazione: Bergamo, 12 ore di attesa prima del volo per Siviglia, -2 gradi e borsoni al seguito. Con la nebbia sul collo ci rintaniamo in un cinema del centro. Il film sembra appetitoso...

Che la cucina sia una metafora sulla vita e' cosa risaputa. La scelta del menu come le scelte nei rapporti umani, la scalata al successo del ristorante come l'eterno transito fra riti di passaggio sociali, mangiare come scopare come cercare di saziare qualcosa (o qualcuno) di insaziabile.

Soul Kitchen di Fatih Akin e' come il sushi californiano: non mi convince. Gli ingredienti sembrano freschi: ritmo funkettone, fotografia sporca, gag e una spaghettata di personaggi "all'aglio e olio" che non ne combinano una giusta. Sullo sfondo di un Amburgo demotivata e scialba, l'agrodolce Zino e´il trade union della commedia. Sempre in bolla, deve combattere col fratello galeotto, il cuoco rivoluzionario e la ragazza a Shangai con cui puo' consolarsi improvvisando grotteschi spogliarelli in webcam. Ma lungi dall'ottenere gli effetti della gag chapliniana (a cui il regista ammette l'ispirazione), ci accorgiamo che portata dopo portata il `piatto forte`non arriva mai. L'impianto diegetico e´ben organizzato ma prevedibile. Un bel ritmo di montaggio non basta a farci dimenticare che l'unione di Alta cucina e bassa cultura fa tanto, troppo postmodern. E quando almeno nell'aspetto, la scena sembra promettere bene, un senso di de-ja-vu ci riporta alle migliori prove della commedia surreale americana o asiatica contemporanea.

Eppure Soul Kitchen e´nastro d'argento 2009 e consigliato dal Gambero Rosso. Eppure, manca qualcosa. La metafora dunque risiede nella non-riuscita del film stesso: dietro a ogni ottima ricetta (come la vita, come un film) si nasconde una `piccola cosa', sine qua non tutto diventa insapore...come quando manca l'ingrediente segreto.


Ecco la situazione: Siviglia, una manciata di b-boy aspiranti cuochi e 15 spagnoli da sfamare entro mezzanotte. L'idea e' quella del finger food, ma la sbornia della notte precedente non permette scherzi: concentrati al 100%, ci devono scappare anche un paio d'ore di allenamento in piazza.

venerdì 8 gennaio 2010

Lo strappo pt. 3

Ho un paio di scarpe nuove. “Le” scarpe nuove. E sono mie. “Sto arrivando” – mi ripeto – “piccole mie, sto arrivando”. L’asfalto morde i pneumatici che a loro volta mordono l’asfalto. Piove. Ho le chiavi dell’appartamento di Paolo: un tugurio seminterrato per laureandi di sinistra. Mozziconi di pensieri sparsi e sudore lattiginoso di fronte alla porta rossa dell’ingresso. Entro.

Vibro un colpo alla porta che scuote l’appartamento come un domino scheletrico. Sono nell’atelier dei poveri. Ordinatamente confusionario, puzza proprio di convivenza. Paolo e Maddalena vivono qui da un anno e mezzo. Osservo. Noto una strana disposizione a yin-yang. Boccale di birra (Paolo): sottobicchiere (Maddalena); Mutande penzolanti (Paolo): contenitore Samla® con coperchio (Maddalena); Le Iene (Paolo): Kill Bill Vol.2 (Maddalena).

Solo una cosa li accomuna: quei cazzo di pupazzetti kidrobot del cazzo. Art Toys - Giocattoli da collezione, li chiamano. Un designer si sveglia la mattina, ordina un calco in plastica del suo puppet, ne colora diverse versioni, lo mette in un box “a sorpresa” e il gioco è fatto. E il business sembra andare bene. A centinaia scialacquano il loro stipendiucolo per collezionare questi “ovetti kinder” per trentenni. “Perché è di questo che si tratta, no?” – sussurro al tuo piercing cervicale. “Che cazzo vuoi?” – sbiascichi col viso sul cuscino. La tua silouette scomposta, le scapole scarnificate, il tuo culo perfetto…non ho tempo per fantasticare sulla ragazza di mio fratello. “Voglio le mie scarpe. Quelle che Paolo ha preso alla mostra dove ho collassato”. Punti il tuo dito di mantide verso una porta, poi accasci le spalle sul divano.

La porta fa resistenza, la scuoto provocando di nuovo quel domino scheletrico. Quello che prima poteva essere un corridoio ora è un ripostiglio asfissiante. Scatole, box, contenitori Smala®, scatoloni, cesti, buste, imballaggi, cofanetti, raccoglitori, cilindri, parallelepipedi, sfere, forme. Asfissiante. Inizio da quelle a grandezza di scarpa. Apro la prima: dentro ci sono solo kidrobot – la chiudo e la rimetto al suo posto. Apro la seconda: ancora kidrobot – la chiudo e la rimetto al suo posto. Apro una terza: kidrobot – la chiudo e la rimetto al suo posto. Quarta: kidrobot rotti – chiudo e rimetto a posto. Quinta: kidrobot – chiudo, a posto. Sesta: kidrobot – chiudo, a posto…Sedicesima: kidrobot – chiudo, a posto…Trentaduesima (troppo lontana). Prima scatola: la porto fuori dal ripostiglio. Seconda: la porto fuori dal ripostiglio e l’appoggio sopra alla Prima. Terza scatola: la porto fuori dal ripostiglio e l’appoggio sopra alla Seconda. Quarta: porto fuori, appoggio sulla Terza. Quinta: fuori, sulla Quarta…Trentaduesima: fuori sulla Trentunesima. Trentatreesima: fuori, sulla Trentaduesima…Sessantanovesima: fuori sulla Sessantottesima…Centoventesima: fuori sulla Centodiciannovesima. E così via fino a rimanere solo con l’eco del domino scheletrico del corridoio.

Ma le pareti mute gridano qualcosa di subliminale, efficace. Tu Maddalena, tu saprai dirmi dove si trova ciò che stavo cercando, tu avrai sicuramente una risposta. Ma tu non ci sei e nemmeno la mia giacca. Vibra il telefonino: “ho preso la tua giacca faceva troppo freddo :-P sono al ristorante qui sopra. Attacco alle 6. kiss”. Mi faccio largo tra l’ammasso di scatolame, che vibrando un solenne colpo alla porta, sento implodere alle mie spalle. Bammm!

Salgo le scale a due a due. Tu sola al tavolo. Ieratica come una statua, anzi no, irriverente come un kidrobot del cazzo. “Cos’è un racconto? L’ho trovato nella tua giacca” – sorridi inforcando le pagine con l’anulare. “Si, devo finirlo entro la scadenza” – mentre mi siedo. “Quando?”- porgendomi il libretto. “Non ricordo”. Poi spuntano fuori due calici e una bottiglia di vino. “Senti Maddalena puoi dirmi dove cazzo…” – ma tu mi interrompi – “Prima di tutto…leggimi il tuo racconto e brindiamo alla tua guarigione!”.


E leggo: “Lo Strappo pt.1…

venerdì 1 gennaio 2010

Sherlock Holmes

Sherlock Holmes
Usa, 2010
Regia: Guy Richie






Decidiamo di prendere una boccata d'aria cinematografica dopo l'inaugurale sbronza di fine anno. Ridotti all'ultimo minuto e dopo una surfata in autostrada, giungiamo al cinema. In ritardo. Il prossimo spettacolo è fra un'ora. Aspettiamo e aspettiamo.


Se vi aspettate un'umida e nebbiosa Londra dell'ottocento; se vi aspettate enigmi e deduzioni brillanti; se vi aspettate pipa e lente d'ingrandimento: troverete esattamente tutto questo. Ma attenzione:"Non c'è miglior diversivo dell'ovvio" - ammonisce Sherlock Holmes.
Dopo essersi ripreso dal mefistofelico trip di RocknRolla, Guy Richie si confronta per la prima volta con la letteratura. Un vero "sporco" lavoro poichè si tratta di uno dei personaggi chiave dell'immaginario londinese. Il tono però non cambia e l'inchiostro si scioglie nel sangue. Unendo il noir al kung-fu movie (ma non l'aveva già fatto Tarantino?) in questo film è la voce al centro dell'ingranaggio diegetico. Sin dall'inizio, la parola di Scherlock è d'evocazione: evoca-un-azione che puntualmente si verifica. A volte ci porta indietro e lavorando d'immaginazione ci permette di "ritornare al futuro" illuminati. In gergo cinematografico si chiama rimonta (un dettaglio apparentemente ininfluente che più tardi acquista significato) ma Scherlock-Richie con la sua voce solleva il dubbio: non sarà l'interpretazione (la voce) che genera i fatti (l'immagine)? E infatti alla fine della storia, il vero mistero rimarrà proprio "una voce".
In ogni caso, lo stile è inconfondibile: montaggio e colonna sonora in contrappunto serrato, picchiaduro subacquei, humor nero e tanti forse troppi flashback. Per la serie: "I dettagli fanno la differenza" - il lavoro a braccetto fra scenografo e costumista e le "lniguacce" coloriste della fotografia hanno un peso enorme sulla buona riuscita del film. E' grazie a loro che si smussa un "preistorico" Scherlock (asociale, trasandato, irriverente) che insieme al fido Watson (Jude Law) e alla fatale Irene (Rachel McAdams) sembrano uscire dalle pagine di Alan Ford (Robert Downey Jr. come il conte Olivier) piuttosto che quelle di Sir Arthur Conan Doyle.
Ma attenzione. Non fermiamoci alla banale ipotesi che Scherlock Holmes sia un semplice prestanome per la messa in scena delle situazioni "alla Guy Richie". La forma del suo Scherlock ante "letteram" forse si rivela ribaltando una celebre frase tratta da Il segno dei quattro:"Quando hai eleminato il possibile, qualsiasi cosa resti, per quanto probabile, deve essere fantasia".

Usciamo dalla sala intorpiditi e accaldati. Salendo in macchina una fragranza di uva e lavanda mi stritola il cervello:"Niccolò - dico - ti avevo detto di non lasciare il bicchiere di vino accanto all'Arbre magic!".
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