giovedì 24 luglio 2014

Di come Urban Force si incontrò a Hip Hop Connection


Nel gruppo c'era un tipo che tirava qualche Thomas, un ragazzino che saltava sulla mano e una manciata di altri pischelli, più o meno volenterosi. Servivano powermove e clash, ed entrammo in gioco noi. Nacque la seconda generazione Urban Force.

Un passo indietro. Nell'agosto 2004 ero a Pesaro per partecipare ad un contest che avevo scoperto due anni prima: l'Hip Hop Connection (HHC). Un'altro passo indietro. Nell'agosto 2002, incontrai un ometto stempiato intento a provare dei ninetees lungo una traversa del lungomare pesarese. Diceva di avere 28 anni, ma aveva i 'quaranta' nel sangue, ed era un allievo di Carlo Dc Ace, uno storico b-boy della old school che rivaleggiava con personaggi del calibro di Next One e Crash Kid. La sua mossa preferita, che era poi la favorita del suo maestro e sarebbe diventata anche la mia, era la "corona". Conosciuta oltreoceano col nome di halo (aureola), questa mossa prevede la rotazione del corpo attorno alla circonferenza testa, grazie alla spinta coordinata di mani e gambe, giro dopo giro. La corona è una variante sghemba del giro sulla testa, una rotazione su di un asse obliquo quanto precario: dovevo impararla. L'estate 2002 fu l'estate della corona e a settembre ingranai i primi giri. Da quell'anno in poi, frequentai assiduamente HHC e strinsi una solida amicizia con l'omino delle corone e il suo compare più smilzo, Monsa e Ippo (Zinko), che insieme a Chrystelle organizzavano l'evento.

lunedì 7 luglio 2014

True Detective con filosofia: «Listen, Nietzsche, shut tha fuck up!»

True Detective non è fenomenale: è fenomenologica...Se  non avete ancora lasciato il sito, siete ben equipaggiati per affrontare un viaggio che ci porterà ai confini della nostra coscienza, dove incontreremo forme d'intelligenza emergenti, fisarmoniche temporali,  titillamenti esistenziali, etici, politici e svariati link demenziali attorno a questa miniserie senza precedenti targata HBO.

Da capo: True Detective non è fenomenale: è fenomenologica (i) in quanto noir (detective-deve-risolvere-delitto-ma-ne-rimane-co-involto); (ii) in quanto riflette sull'Io (cosa si prova ad essere me e perché ne ho coscienza?). Il famoso aforisma di Cartesio cogito ergo sum (o forse si trattava di Carlo Cracco?), non significa solamente che il pensiero è il fondamento della coscienza, bensì implica che non può esistere coscienza (res cogitans) senza esperienza empirica (res extensa). Corpo e mente hanno rapporti educatissimi: nessuno "trascende". Ma se mi chiedete di interpretare "filosoficamente" i dialoghi vernacolari dello sceneggiatore Nic Pizzolato, la mia risposta sarà la stessa di Rust Cohle (Matthew McConaughey):«Listen, Nietzsche, shut tha fuck up!». Poiché di perle di saggezza ne è pieno il mondo (cioè Facebook), qui la filosofia non la interpretiamo, ma la facciamo succedere attraverso immagini, suoni e, d'accordo, una piccola dose delle suddette perle.
Ma procediamo per ordine, cioè random.



La prima cosa che mi ha convinto del giovane regista anglo-nippo-svedese Cary Fukunaga (oltre la coerenza del nome), è stata questa inquadratura:
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