domenica 20 ottobre 2013

Ermeneutica della resistenza: un reportage immaginario sul #19O

La resistenza è un'ermeneutica, la resistenza è un'ermeneutica, la resistenza è un'ermeneutica. "Cazzo è l'ermeneutica!?" - Compagn* che ti afferra sottobraccio, compressione del bicipite e giù in via XX Settembre. Questa trachea d'asfalto ostruita da camionette, da scudi di cristallo, da fumo. Da black bloc [!]. Quando passi di fronte al Ministero, senti il peso degli sguardi: una gragnola di occhiate che sembra poter lacerare lo spezzone con un battito di ciglia. #Assedio. L'uomo intabarrato nella divisa palpita: corpo di un corpo contro un altro corpo. Conoscerà il significato della parola "ermeneutica"? Lo conosce l'individuo con le braghe calate che segue l'Evento sul water della sua depandance fuori porta. Segue la diretta su twitter, defecando. E sembra andare bene, "fin qui tutto bene" come all'inizio de L'Odio

L'esplosione riecheggia fra le rovine delle terme diocleziane. È l'inquietudine che serpeggia all'incrocio fra via Cernaia e via Pastrengo ad alimentarne l'eco. Gomito a gomito, il corteo fermo in curva. Di fronte, a duecento metri, una muraglia di finanzieri; a sinistra, dietro l'angolo, quell'eco. Il brutto eco di due anni fa e anni addietro. Bisogna resistere, resistere è un'ermeneutica: la disciplina dell'interpretazione di eventi, di pratiche, di sé. "Si ma cosa c'entra con la resistenza?". Ora curva le spalle, stringiti all'amic*, reclina il capo in avanti e punta i piedi. Con il corpo, attraverso il corpo, interpreti: l'abnegazione della milizia da una certa postura del busto; il protagonismo del freakettone da un particolare tremolio della mano; l'ansia (non la paura) dell'amic* sottobraccio dagli spasmi del muscolo brachiale. Dall'ultima contrazione dello sfintere del giornalista, che partorisce finalmente il titolo: "Berlusconi fuori dalla politica".
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