mercoledì 28 gennaio 2009

i o S O

La sveglia suona: una, due, tre, alla quarta volta mi alzo e faccio le solite cose.
Anche l'abbigliamento trova il suo verso: metto la coppola rossa (il colore della rivoluzione!) e alle 10 sono in piazza Farnese con Miccichè sottobraccio.

Molta gente, poi tanta gente, tantissima: stimo il soggetto medio sui "35 anni-casual-uomo". Non vedo freakettoni nè immigrati, bensì molte donne inviperite, sia sotto sia sopra al palco, prima fra tutte la promotrice della manifestazione Sonia Alfano.

Il clima è frizzante. Ci riscaldano le secchiate di sole che filtrano dai palazzoni e molto di più le parole di Borsellino (grazie al quale mi ricordo che il rosso è anche il colore del "sangue"), Travaglio, Beppe Grillo, Di Pietro e Vulpi.

Corde vocali fumanti stridono, crude, come le immagini delle stragi di mafia trasmesse sul teleschermo a cui seguono i nomi delle vittime: titoli di coda d'un melodramma tragico intitolato "Italia".

Avverto e avvertiamo tutti quel fremito all'altezza del plesso solare.

Alzo lo sguardo e scatto una foto col cellulare inquadrando il maxischermo, il palazzone e la scenografia su cui troneggia il motto "io SO". L'analizzo:


Analisi Jackobsoniana della funzione poetica di "io SO"
  • io (in minuscolo = l'io personale, comune, basso) SO (in maiuscolo = grido, potenza, moltiplicazione), allora: il piccolo io, sapendo, diventa GRANDE;
  • io (essere) SO (informarsi) = io sono [ergo] SO = SO [ergo] io sono = se io mi informo, allora sarò e saprò farmi valere;
  • io SO = allitterazione (ripetizione di una lettera o suono all'interno di parole successive) = + musicalità = + unione fra le due parole = iOSO! = io oso sapere delle cose che solitamente vengono nascoste: "so di sapere"!

E prepotentemente (dopo Jackobson) ruggiscono le parole di Roland Barthes* quando parla di "impegno delle forme". Impegno politico e morale sui significanti (tv & giornali) i quali rischiano di essere "alienati" passando attraverso un "falso codice, il codice del naturale" (v. i reality show). E con un capo del governo che è anche il capo dell' "impero dei segni naturalizzati" (mediaset) mi viene da pensare che si può benissimo parlare di un Italia del "regimi[e] di significazione".

Qual'è dunque il nostro compito?
est-etizzarci.


*Sul Cinema, Il Melangolo, Genova 1997 (prima pubbl. in "Nuovi Argomenti" n.2 nuova serie, apr-giu 1966).

lunedì 19 gennaio 2009

FooDwork 1


(clicca per vedere il video)


video citati:
Alien Ness - Untitled
Poe One - Attitude



FooDwork
– questa rubrica nasce dall’esigenza d’inquadrare aspetti estetici e culturali del B-boying, diffondendo conoscenza e stimolando l’approfondimento.

Questa disciplina affonda le proprie radici e continua a trarre linfa espressiva dall’ambiente underground, porta-voce antistorico (per dirla in termini Pasoliniani) di una sub-cultura metropolitana. Per una documentazione sul b-boying, il versante storico-sociologico viene indagato dalle opere del “filone cult” anni 80 (Wild Style, Style Wars per il cinema, Hip Hop Files per la letteratura) per poi essere ripreso negli anni 2000 con l’ingresso dell’Hip Hop nell’immaginario collettivo (come l’ottimo “Can’t Stop, Won’t Stop” di Jeff Chang).

All’interno dei casi citati, se non sporadicamente e superficialmente, non esiste alcuno studio in materia di estetica del b-boying. Eppure dagli anni 70, passando per il boom degli 80, c’è stata una rielaborazione totale dei codici espressivi di questa disciplina, soprattutto in relazione alla sua pratica nei molteplici contesti sociali in cui la sub-cultura Hip Hop ha preso piede. L’accelerazione tecnologica e mediatica ha favorito, a partire dalla seconda metà degli anni 90, lo sviluppo di numerose reti di collegamento fra b-boy (eventi annuali, forum, social network, web channel) con un conseguente scambio di codici interpretativi (o per usare un termine più comune, di “stili”).

Gli elementi in gioco sono molteplici, e ogni stile o cambiamento di stile, è collegato alla cultura di appartenenza (nella maggior parte dei casi inscrivibile nella macro-cultura “occidentale”) che condiziona o suggerisce i metodi di fruizione, quindi la strategia espressiva. Questi processi espressivi non sono controllati dai propri autori, i quali, certamente ragionano su ciò che fanno, ma non si accordano coscientemente sulla strada comune da seguire. I b-boy (prima teenagers ora anche ultra-trentenni) guardano e ballano assieme ad altri b-boy, in contesti e tempi differenti, osservano video del passato e caricano su internet le proprie performance del giorno precedente. Ma soprattutto, parlano.

E’ solo la tradizione orale (supportata negli ultimi tempi da video-interviste) che può venirci incontro per studiare le forme espressive del b-boying e la loro evoluzione. E poiché i concetti estetici fluttuano ancora in un limbo fonico, accade che i metodi di giudizio e d’interpretazione di una sessione di b-boying, siano arbitrari, visti con la lente del proprio codice espressivo.

Credo che una strutturazione delle forme sociali e storiche, debba seguire anche una strutturazione linguistica dei vari stili che negli anni si susseguono e speriamo continuino a susseguirsi. Inoltre tentare di dare una forma ai concetti che troppo vacuamente vengono proferiti dalla bocca di centinaia di esponenti del movimento, potrebbe concorrere ad una maggiore presa di coscienza di questo argomento e offrire spunti importanti per la propria ricerca artistica. Studiando una parola (un passo, una sequenza, un gesto) torneremo inevitabilmente a parlare della sua etimologia (e quindi del suo aspetto storico, culturale, sociale).

Per fare questo mi servirò di una video-rubrica, diffusa con regolarità sul web, in cui mi cimenterò nell’arte culinaria, suggerendo ad ogni puntata una nuova ricetta. Se ve lo state chiedendo, non c’è nessun legame fra b-boying e cucina, semplicemente adoro cucinare e preparare qualcosa di concreto durante le mie digressioni verbali credo sia qualcosa di estremamente vitale.


Balla come mangi!

Giuseppe Nexus Gatti
Roma - 14/01/2009

lunedì 12 gennaio 2009

E l e n a F r a n c e s c o B a r c e l o n a

Voglio comprarmi due calici da vino.
Degustare un buon Nero d'Avola come un Montepulciano, nel luogo giusto al momento giusto magari con la persona giusta, potrebbe dare un
tocco di senso
in più.

Giorni conviviali e perturbanti questi. Come le atmosfere e la colonna sonora dell'ultimo film di Woody Allen:

Vicky Cristina Barcelona

anno: 2008


"Ma conosci solo Woody Allen?" - mi chiederete. "Affatto" - rispondo - "Conosco anche il cattivo cinema. Muccino ad esempio".

Chiuse le auto-polemiche, dicevo che in questi giorni mi è capitato di intavolare discussioni dense di significato.
Come un aroma fruttato, immagino le nostre parole esalare l'ultima emozione e svanire, lasciando tintinnare quel sublime eco di vita che ci legherà per sempre.


Dedicato ad Elena e Francesco.

martedì 6 gennaio 2009

E u r o s t a r M e m o r i e s

Sono in Treno, dopo una delusione. Sono in Treno.

Woody Allen, icona di se stesso, con lo sguardo inanimato (siede accanto a me).
- Bianco & Nero -
I volti dei passeggeri come marmo legnoso
osservano.
L'istante elegante per sbiadire un rossetto sul vetro e 
il treno diviene trappola.

Stardust Memories


Regia: Woody Allen
Anno: 1980

"A brief moment of contact".

È un film che mi commuove per la sua pacata e ariosa auto-riflessione.
Vita, Cinema e Treno non sono mai stati così vicini.
 
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