martedì 29 marzo 2011

L'estetica a servizio della politica: CasaPound e la Street Art

Vado su Facebook e leggo nello status di un mio contatto che Casapound, nota associazione giovanile di destra, organizzerà una street art convention il prossimo 14 Maggio. "Scandalo, vergogna, mai!" - parole ridondanti nei commenti alla pagina dell'evento. Sul profilo del mio amico nasce una verace diatriba sui presunti "valori politici" della cultura Hip Hop e della street art. Rispondono così:

L'hiphop è come ognuno lo interpreta. Chi lo utilizza per diventare una rap-star seguendo l'ideologia capitalista è orientato (spesso inconsapevolmente) a destra (liberismo, nazionalismo...quanti testi rap westcoast parlano di questo? D'altro lato, chi lo utilizza per diffondere idee di contro-cultura capitalista si orienta inevitabilmente a sinistra (libertà di espressione, rivendicazione dei diritti universali, predominio del pubblico sul privato...non è una soirta di manifesto della east coast anni 80?) Poi c'è casapound che non è (almeno ufficialmente) un centro di neo-fascisti. Quello che si deve contrastare è il populismo di destra. Quello che va nelle strade e non su internet&tv, a fare propaganda sfruttando l'ignoranza delle masse. Ben vengano i graffiti ma non si può cancellare un background (quello populista/liberale) che si fonda sul moralismo religioso, la militarizzazione, la privatizzazione delle risorse e soprattutto, da sempre, il controllo rigido dei mezzi d'espressione. La domanda fondamentale è: la street art si riconosce con questi valori? Se la risposta è si, che partecipino pure all'evento di casapound. Se la risp. è no, e i principi artistico/culturali di questa disciplina suggeriscono sia così, allora è bene prenderne le distanze e affermare la propria estraneità da quel tipo di mondo.
Peace.

Ma non basta. Osservo attentamente la locandina e leggo il proclama d'invito alla manifestazione che termina con l'aforisma: "L'estetica al servizio della politica, la politica al servizio dell'estetica". Riporto qui il testo e l'immagine dalla pagina di facebook e prendo alla lettera l'invito per suggerire un'analisi.


International street art competition, a maggio ad Area 19 il più grande challenge europeo di writers
pubblicata da CasaPound Italia il giorno venerdì 21 gennaio 2011 alle ore 14.12
 
Nella location più postnuclearizzata di Roma, alle spalle del temibile Bomarzus, nel cuore di Area19, si terrà il più grande challenge europeo di writers/street art.
 
Se quando lo fa Banksy è arte e quando lo fai tu è degrado, se sei stufo del diktat stradaiolo, se vuoi avere voce in capitolo e metodi di espressione, passa allo stadio superiore e unisciti a noi il 14 maggio prossimo venturo per il più grande evento della storia: International Street Art Competition.

L'estetica al servizio della politica, la politica al servizio dell'estetica.

A seguire informazioni ed istruzioni per l'uso.
relazioniestere@casapoundi
talia.org per iscriversi!


E' proprio così. Come scriveva Roland Barthes il compito politico dell'arte è quello di "disalienare il segno manifestandolo", perchè non solo il contenuto ma anche la forma ha una morale (la "morale del senso"). 
Nella locandina è raffigurato il dettaglio fotografico di una mano che impugna una bomboletta spray nell'atto di dipingere (lo testimonia il tappo e le dita sporche di vernice fucsia). Il colore dello spray è lo stesso della scritta in alto e insieme al bianco e al nero formano i tre colori principali dell'immagine. A sinistra, su sfondo nero, c'è il logo circolare di Area 19, la struttura occupata che ospiterà l'evento (non entro nel merito del logo in sè che, come quello di CasPound, richiederebbe un analisi a parte). Le scritte riportano i dati essenziali della manifestazione e il loro font si caratterizza per alcuni effetti di "scolatura" verticale ai margini di alcune lettere (il collegamento con l'immagine di sfondo e il "contenuto" dell'evento è evidente). Ora domandiamoci: a chi è rivolta questa pubblicità?  Risposta: Ai giovani street artist che vogliono partecipare al futuro evento (non ci sono i nomi degli ospiti nè un programma). Ne abbiamo conferma leggendo la seconda parte del testo scritto che invita il lettore a prendere parte all'evento ("unirsi") mandando un email per avere maggiori informazioni. In particolare si rivolge quelli "stanchi del diktat stradaiolo" e tutta una serie di presunti abusi perpetrati da qualcun'altro nei confronti della libertà d'espressione individuale. 

Chi sono questi oppressori? Banksy, uno street artist inglese accusato di essersi "venduto" all'art business; altri artisti di strada che impongono il loro "diktat" (si fà riferimento alle regole non scritte del writing che spesso rivendicano la superiorità culturale delle opere "illegali"  rispetto a quelle legalizzate); tutti coloro che non ti permettono di avere "voce in capitolo e metodi di espressione" (in questo caso l'idea dell'oppositore è resa tramite un'esortazione positiva - "se vuoi avere voce in capitolo" - ma grazie ad un artificio retorico che collega la frase agli altri 2 "se" negativi, suggerisce anche in questo caso la presunta oppressione al diritto d'espressione personale). Quindi il target del proclama è sempre più ristretto. Esso si rivolge a tutti quei giovani artisti che nutrono un  risentimento verso il sistema: verso i capitalisti (Banksy e gli artisti commercializzati); verso i prepotenti (quelli che "impongono diktat"); verso quelli che tappano le ali della libertà. Ora, se andiamo a leggere nella pagina del "Chi siamo" sul sito di CasaPound, possiamo renderci conto di interessanti affinità tematiche. In particolare c'è una dichiarazione d'intenti resa in versi pseudo-futuristi:

L'uomo deve essere liberato.
Il mercato uccide l'anima.
Il mercanteggiare e la logica del profitto, travolgono ogni
ostacolo si ponga loro di fronte. Facilmente, lavoratori, popoli o
microcomunità.
Amore, gioia, sacrificio e diversità. Falciati.

Secondo Slavoj Zizek, l'ideologia del populismo di destra si basa sull'identificazione fantasmatica di un soggetto nocivo "altro" da noi, su cui scaricare "patologicamente"  tutto il risentimento e il rancore per noi stessi (e a livello sociale, causati da noi popolo italiano). In chiave psicanalitica, Zizek la chiama "feticizzazione del soggetto nocivo", la quale ha bisogno di un elemento emozionale molto importante per poter funzionare: "la paura". La paura dell'altro nella singola persona, determina su larga scala gli atteggiamenti di rivalsa culturale, di superiorità nazionale e in casi estremi di razzismo, odio, oppressione. Zizek a tal proposito ci mette in guardia sul ruolo dei poeti (e i comunicatori in generale) che attarverso un determinato linguaggio (e quindi una "forma") possono aiutare i popoli a localizzare il proprio "feticcio" e canalizzare il proprio "capitale di rabbia" (verso lo stato, la storia, la condizioni di vita in generale)  per passare dalle parole ai fatti (in altre parole per "agire"). Questo "capitale di rabbia" cresce grazie ad altri stratagemmi, come l'invocazione ad un passato glorioso ("unisciti [...] per il più grande evento della storia") o all'incorruttibilità e superiorità morale del proprio io ("passa allo stadio superiore").

Torniamo alla nostra locandina. Come dice Eco, affinchè un'interpretazione sia efficace, deve fare "sistema" con tutti gli elementi del testo. Se, come abbiamo detto, l'invito ad "unirsi" alla convention di Street Art di CasaPound rappresenta un'invito a rivendicare i propri diritti e valori contro un sistema oppressore di "soggetti nocivi" in nome della morale e della storia, allora anche l'arte diventa politica e gli strumenti di lotta dell'arte (gli spray) diventano gli strumenti della lotta politica (le armi). Detto ciò, non ci vuole molto a vedere nello spray della locandina (messo a fuoco rispetto allo sfondo) una corrispondenza significante con una spada o un gladio (così caro alla tradizione neofascista) e nelle scolature fucsia delle lettere e delle dita un parallelo  semantico con quelle del sangue versato in battaglia. Il vero target non sono gli street artist ma tutti i presunti tali che non sono riusciti ad emergere e sono in cerca di scorciatoie espositive e che, nonostante il background valoriale di CasaPound, sono disposti ad unirsi al carrozzone in cambio di un pannello per dipingere. la presunta convention internazionale mira dunque a dividere la scena e non è assolutamente una "svolta progressista" verso il mondo della cultura di strada.

Vi sembra esagerato? A me no. L'estetica è veramente a servizio della politica e viceversa. E come diceva un vecchio saggio: "Nell'estetica è compresa anche la parola etica". Queste, come molte altre locandine di area neofascista-populista fatte di esortazioni in prima persona, font romanizzanti, sfondi bicromi, inquadrature oblique o prospettiche non devono passare in secondo piano come un'appendice decorativa. Negli anni '80 Zizek scriveva che il vero segreto dell'opera non si cela dietro la forma, ma nella forma stessa. Prima, negli anni '60, Barthes si auspicava una "vera mutazione della lettura e del suo oggetto, testo o film: vero problema del nostro tempo"...e pure del nostro, aggiungo io.

Mi scuso per la lunghezza ma quando ci vuole ci vuole. Ringrazio tutti gli ospiti e i presenti al Break Off Vol.2 e vi invito nuovamente all'anteprima de L'Ombra, domenica 10 Aprile a Corrispondenze (Ladispoli, Roma). Keep on strugglin!

giovedì 24 marzo 2011

54 - Wu Ming

54
di Wu Ming
romanzo
disponibile online su licenza CC
su carta per Einaudi ed.







Ho scoperto i Wu Ming durante le manifestazioni contro il decreto Gelmini dello scorso Novembre. Negli scontri alle porte di Montecitorio, la prima linea di scudi-libro imbracciati dai ragazzi è diventata un'icona di quei giorni: "Le metamorfosi", "Guerra e Pace", "1984"...isugli scudi i titoli dei grandi classici-moderni, fino ad arrivare a Q. "Q che?" - ci siamo chiesti in molti e prontamente numerosi tg si sono infarciti di parole dotte su questo romanzo tutto italiano definendolo un "classico contemporaneo" per i giovani di oggi. Poi, l'oblio.

Poi, 54. La storia di vari, 1954: quello del ritorno di Trieste all'Italia; e di quello di Cary Grant sul grande schermo; ma anche delle incredibili avventure del ventenne Pierre, il re della filuzzi che da Bologna andrà alla ricerca del padre rivoluzionario; di Steve "Cemento" Zollo, un newyorkese trapiantato a Napoli per assistere i vizi dell'esiliato boss Lucky Luciano; e poi c'è McGuffin (una delle tante citazioni hitchcockiane del testo) un televisore americano sballottolato in giro per l'Italia. Si perchè 1954 è anche l'anno dell'ingresso della tivù nella vita popolare. Insomma, dopo questo 54 nulla sarà come prima.


estratto video dallo spettacolo musicale tratto da 54 a cura di Yo Yo Mundi

Prima Luther Blisset, oggi si chiamano Wu Ming e sono un collettivo di autori made in italy che pubblicano romanzi su licenza creative commons (io scrivo gratis, tu leggi gratis ma nessuno potrà mai fare soldi con quest'opera). 54, oltre a Q è uno dei romanzi più famosi, attualmente pubblicato da Einaudi e distribuito in America Latina, Stati Uniti e mezza Europa. Il loro contesto artistico è stato auto-definito "New Italian Epic" e insieme a Gomorra e alcuni romanzi di Niccolò Ammaniti, delinea le coordinate stilistiche della narrativa italiana fra il 1993 e il 2008. Ecco i tratti distintivi: intreccio di prima, seconda, terza persona; brevi periodi, punti a capo, citazioni; storia, storiografia e urconia. Di tutto questo è composto un romanzo che in un primo momento sembra labirintico come un film di David Lynch ma che piano piano si lascia amare, sciogliere al sole della lettura, e lascia il segno. Un ottimo avvio di primavera.

lunedì 21 marzo 2011

Urban Force a Hip Hop Connection Roma 2011



 

Ecco la playlist con le nostre sfide all'HHC di domenica. Qualcuno sentiva la mancanza di Urban Force? Si, no? Anyway: we back! Un saluto a bboy Pumba che dopo circa 2 anni torna a calcare la scena dei battle italiani. Ci sei "bancato" fratello! Non vinciamo ma convinciamo, ed è giusto così. I Free Stepz si aggiudicano l'Hip Hop Connection e noi ci convinciamo ancora di più che questo non è - e mai sarà - il contest degli Urban Force (caro Monsa questa è una triste verità, sigh!). Ci vediamo domenica al Break Off Vol.2: Focus, Pluto, Froz e tanti battle per saggiare le vostre skillz. Peace.

sabato 19 marzo 2011

Afrika Bambaataa a Roma

La maglietta da muratore stropicciata. Il ghiaccio sciolto nel rum. E lui. Ingollo l'ultimo sorso della miscela e la testa ricomincia ad oscillare. Sul timido legno del Circolo degli Artisti si consuma la prepotenza di un beat. Il break-dannato-chi-non-c'era-beat di Afrika Bambaataa. Dopo una serata fiammeggiante in quel di Firenze e prima di approdare in Puglia, Bam - baby giant - suona a Roma per 3 ore di fila. Placido come un neonato in culla, la sua musica corrode inesorabile ogni briciolo di negatività scatenando quel putiferio emozionale volgarmente detto "havin' fun". 

Omega Zulu Maasai & Bambaataa
A 16 anni diventa il warlord dei Black Spades, una delle gang più agguerrite del South Bronx. Poi il viaggio in Egitto, in Africa, le origini dell'umanità. Qualcosa cambia e Bam è uno dei promotori del trattato di pace fra le gang stilato nel 1972. "L'uomo che vive due vite simultaneamente" - come disse il padre dello strutturalismo Claude Levi-Strauss - "una come uomo nella storia e separatamente come mito oltre la temporalità". Bambaataa, il fondatore della Universal Zulu Nation. Bambaataa, quello di "Peace, Unity, Love & Havin'fun!". Bambaataa, quello che ha detto "si" affinchè anche in Italia, finalmente, prenda il via il primo capitolo ufficiale Zulu. Stringerli la mano è bastato per conoscerlo da sempre. Quando sei in sintonia con una persona le parole diventano un intralcio. Mi è bastato dire:"Thank you for everything".

Omega Zulu Maasai è il nome del nuovo capitolo italiano, che speriamo rappresenti davvero un voltare pagina  al medioevo culturale in cui siamo stati impantanati. Ci abbiamo messo 4 anni e senza Carmen (aka Leva57 aka la nostra coordinatrice aka una donna) non saremmo arrivati al traguardo. Oggi siamo in molti ad aspettare l'ufficializzazione che avverrà non appena Bam rientrerà a NYC per compilare le ultime scartoffie, ma se penso a 4 anni fa, alle nostre facce timide dietro a un tavolo o sopra a un palco a presentare un progetto morto (apparentemente) 10-15 anni prima - beh - posso dire di essere orgoglioso.

Peace a tutti i bboy e le bgirl intervenute a ballare sul palco e soprattutto a coloro i quali hanno infiammato il cerchio e il pubblico per tutta la notte, nell'ombra, nello sporco. 
That's real b-boying, don't forget.


Stamattina mi sveglio con una collana di perle al collo e il mio telefonino che segna il primo gennaio del duemilasette. Ho pensato di aver fatto un viaggio indietro nel tempo e di essere tornato nella data sbagliata. Negativo. Sono stato ad una festa stile anni'20 e nel gettarmi a letto il telefonino è volato in aria rompendosi in mille pezzi scintillanti - bling,blong,sblind - buio. 
Sorry for the desaparecidacion honey!  

mercoledì 16 marzo 2011

La Danza Muore...ma la Street Dance non è mai nata

La Danza Muore!
PRIMA MOBILITAZIONE NAZIONALE DELLA DANZA
Mercoledì 23 Marzo, Piazza Montecitorio (Roma)






Quando il ministro dell'economia Tremonti disse - "Fatevi un panino con Dante Alighieri" - a proposito delle proteste contro i tagli alla cultura, mi venne in mente un film con De Sica. De Sica padre, ovviamente. Si tratta di Pane,amore e fantasia, capostipite della commedia all'italiana. Tutti ne hanno sentito parlare, ma in pochi conoscono l'origine del titolo. La leggenda vuole che Luigi Comencini, passando accanto ad un muratore in pausa pranzo, disse - "Ehi, che ci metti in quel panino?" - "Fantasia, dottò, fantasia!". Pane e fantasia: metafora perfetta per descrivere l'Italia in corsa verso il boom economico. Oggi a poco più di 50 anni di distanza, il pane scarseggia ma la fantasia, ideologicamente parlando, c'è in abbondanza. A seppellire l'aforisma tremontiano ci hanno già pensato pezzi da novanta del calibro di Umberto Eco eppure, il saggio insegna, non esiste la negazione assoluta.

Il mondo della danza scende in piazza il 23 Marzo per salvarsi la pelle. Un titolo apocalittico - "La danza muore" - sta invadendo le bacheche di Facebook e invita tutti - ballerini, coreografi, insegnanti, operatori - a riunirsi in piazza contro i tagli al FUS. Lo trovo giusto. Come dico sempre ai neofiti, nel panorama artistico Italiano, le arti performative sono all'ultimo posto. Fra di loro, la danza è all'ultimo posto. Fra le danze, la street dance è all'ultimo posto (e se proprio sono in vena di polemiche: fra la street dance, il b-boying è all'ultimo posto!). Detto ciò, chi vi parla è all'ultima ruota dell'ultimo carro dell'ultima carovana dell'ultima migrazione per la sopravvivenza.

Eppure, essere uno street dancer ti permette di osservare tutto l'ingranaggio da una prospettiva assai concreta, quasi neorealista. Se poi ti capita di accedere, solo per qualche anno, alle cabina di guida della carovana e studiare un pochino, puoi trarre tante interessanti conclusioni. Ad esempio che le "carovane" sono guidate sempre dalle stesse persone e pensi - ok, è così perchè c'è bisogno di esperienza - ma poi ti accorgi che sono persone con un occhio bendato o addirittura cieche; che oltre a guidare, insegnano a farlo, indicono gare di guida per selezionare copiloti strabici; che se una ruota traballa o si incrina è meglio lasciarla così, magari passandoci qualche mano di vernice, tanto nessuno se ne accorgerà; che è meglio sfiancare i cavalli fino alla morte piuttosto che nutrirli bene e razionare gli sforzi...tanto ce ne sono di nuovi in abbondanza; che non c'è bisogno di consultare una mappa, studiare un percorso, condividere l'esperienza di viaggio...ad ognuno la propria rotta, anche quando si gira a casaccio o si procede a zig-zag. Chi ci aspetta, chi ci guarda, anche lui è cieco o bendato, quindi tanto vale la pena ingegnarsi. E non si tratta di sprecare risorse ma di "procedere adagio". Il nuovo orizzonte professionale è la mediocrità.

Una volta uscì la pubblicità di un contest 1vs1. La novità: si balla bendati! Quindi mi chiesi: se entrambi non possono vedersi come fà uno a rispondere all'entrata dell'altro? La situazione di oggi è più o meno questa. Da una parte l'ignoranza di chi non sà vedere, dall'altra l'ignoranza di chi non sa mostrare. Per questo dire "la danza muore" è giusto e troppo facile. Per quelli come noi, ballerini di strada che per ballare hanno rovinato i rapporti umani, dormito nelle stazioni di mezza europa, perso voti a scuola e guadagnato passi originali in palestra, tutta questa protesta suona distante, ovattata. Paghiamo il debito di una generazione passata che ha trasformato la street dance in un fenomeno da baraccone per raccimolare un successo che non avrebbe mai ottenuto rimanendo fedele ai principi della cultura Hip Hop. Ecco cos'è per noi la "cultura", la nostra cultura: non è il panino di Tremonti, è un paradigma esistenziale, un orizzonte poetico, una ruota che rifiuta di staccarsi e inizia a girare al contrario. Don't forget.

Torno da una settimana soffocata da spettacoli e occhiaie. Giovedì sera al Circolo degli Artisti a Roma c'è Afrika Bambaataa...non aggiungo altro. You must be there!

lunedì 14 marzo 2011

L'Ombra - 10 Aprile 2011

L'Ombra (Anteprima)
Spettacolo di B-boying/Teatro/Vjing
Domenica 10 Aprile 2011
Profession Dance - Via Nevada 5 (Ladispoli)
ore 20.30
scritto e diretto da Giuseppe Nexus Gatti
Attore: Y. Mohamed
Video artisti: G. Della Pina, G. Benassi
Danzatori: M. Cima Ciminieri, M. Ino Angeli, G. Nexus Gatti, I. Timon Scopino

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 RASSEGNA CORRISPONDENZE 2011 - I Edizione
direzione artistica Paola Sorressa
Programma della serata: Compagnia Tino Shepis (Uno), Compagnia Nexusmoves (L'Ombra), Compagnia Free Fall (May_Day)
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Biglietteria:
Intero 12€ 
Ridotto 10€ (over 65 e under 26)
Info:
tel. 06 9912500 – 347 5938218



Che cos'è?
E' il risultato artistico di un percorso di studi sulla danza e i nuovi media, con particolare riferimento alla cultura urbana. L’Ombra è uno spettacolo narrativo in stile noir che si avvale della convergenza di più codici espressivi (danza, teatro, vjing/animazione) per raccontare una storia ispirata al fenomeno degli incendi dolosi nel Bronx degli anni ‘70. Le animazioni mixate dal vivo da un vj interagiranno con la musica e gli attori, generando continui cambi di realtà, “choc percettivi”, che concorrono ad ampliare l’orizzonte di senso dello spettatore. L’Ombra presenta la vicenda in ordine non cronologico, tuttavia non è uno spettacolo astratto, nè videoarte. Alle figure astratte (umane e digitali) si affiancano i personaggi parlanti e la voce narrante del protagonista in scena.
 
 
 
Vi aspetto tutti domenica alle ore 20.30. Un piccolo passo (di footwork) per me, ma un grande passo per il b-boying (artisticamente parlando). Offro il rimborso del biglietto a chi rimanesse deluso dallo spettacolo, quindi che aspettate: lace your shoes and...take a sit!

martedì 8 marzo 2011

8 Marzo - L'Arte della Gioia

L'Arte della Gioia
di Goliarda Sapienza
Romanzo, Einaudi, 2008


Festa della donna si dice. Si dice pure che c'è ancora tanto da fare per i diritti delle donne. Si dice che le donne, quando scendono in piazza o quando non lo fanno, sono comunque fuori posto. Tanto si dice e poco si fa. "Femminismo"?  Per molti una sorta di fondamentalismo. Come se la donna fosse un non-uomo, un "anche" o un "come" uomo. La donna è un paradigma esistenziale.
Ho scelto questo brano tratto dal magnifico romanzo L'Arte della Gioia di Goliarda Sapienza. In queste righe Modesta, la protagonista della saga, si reca poco più che ventenne nella grande Catania degli anni '10. Per la prima volta nella sua vita finalmente Modesta vede il mare, ma...

"Ma le promesse di libertà che le onde e il vento andavano ripetendo, si frantumavano lungo i muri dei palazzi fioriti di rose e pampini di lava tagliente. Non c'era libertà in quelle strade, e vicoli, e piazze ambigue, traboccanti di soli uomini con pagliette e bastoni arroganti, spiati da ombre femminili nascoste far le tendine delle finestre o nel buio dei bassi sempre socchiusi. Il palazzo di via Etnea spalancava una sequela di saloni ostili dove, due giorni dopo il nostro arrivo, una processione di donne impeccabilmente vestite, con guantini bianchi o neri e cappellini fioriti, cominiciò a sfilare davanti a noi aprendo e chiudendo ventagli e offrendo protezione e consigli.
    - Oh, Gesummaria! No! Già s'è parlato molto della vostra assenza di domenica! Certo, eravate stanche del viaggio, certo. Ma mi raccomando colombelle, domenica alla messa di mezzogiorno. E' tradizione. Assolutamente.
    - Scendere al caffè da sole? Oh no, è inammissibile cugina, inammissibile!...
    - Certo, è proprio una disgrazia non avere un fratello, un marito!
    - AL cinematografo? Quella diavoleria moderna? Oh no! Noi non andiamo mai, eccetto in qualche rara occasione e sempre a condizione che qualcuno dei nostri uomini si sia sincerato prima che non si tratti di una pellicola troppo licenziosa...
    - Una pellicola che tratti di storia, dite, cugina? Macchè! Storia come paravento a scene indecorose, donnine scollacciate, baccanali, lasciamo stare! E quelli del parlamento che si riempiono la bocca con la scusa della libertà. Ma che c'è da aspettarsi con tutti quei socialisti al governo? E il nostro Santo padre prigioniero! Intanto il malcostume dilaga anche nelle nostre case! Ieri per poco non mi prendeva un colpo a sentire mio nipote, a soli quattordici anni, che generazoine arida di sbandati, egoisti sta venendo su!...che dicevo? Ah sì, che per poco non mi venne un colpo a sentire mio nipote che spingeva sua sorella a tagliarsi i capelli come fanno tutte quelle forsennate del Continente, le suffragette. Mio marito, che le ha viste a Milano, dice che uomini sembrano con quei capelli corti e senza busto. Ci manca solo che si mettano i pantaloni e amen! Tutto si sta sovvertendo, tutto!
[...]
La città insegnava. Quel potere di cupole maestose, di palazzi e torri rapaci appena ingentiliti da trine di cancelli sdegnosi, sbarrava il passo al fomicolio miserabile che si dissanguava a servire e sorridere, ricordando a tutti, ricchi e poveri, di accumulare denaro per combattere la paura della morte, una parola che in realtà non è più paurosa della parola malattia, schiavitù, tortura. Non mi sarei più confrontata con la morte, con quel traguardo che non più temuto fa eterna ogni ora goduta pienamente. Ma bisognava essere liberi, approfittare di ogni attimo, sperimentare ogni passo di quella passeggiata che chiamiamo vita."

Auguri a tutte le donne e a tutti i movimento d'ispirazione femminista (specialmente la Feminist Film Theory!).

sabato 5 marzo 2011

Exit Trough The Gift Shop


Exit Through The Gift Shop
Documentario di Street Art
Regia: Banksy










Chi, cosa, dove, quando, perchè è "Arte"? La formula giornalistica delle "5W" applicata alla ricerca ontologica del concetto di arte può portarci solo ad una tautologia: l'arte è l'arte. "Forse l'arte non è una cosa seria" - afferma Banksy, il "penultimo" dei post-moderni. Si perchè, a dispetto delle voci, Exit Through The Gift Shop (candidato agli ultimi Oscar), non è il documentario celebrativo dello street artist inglese, nè la sua pseudo-pasoliniana evoluzione alla regia cinematografica. Banksy, criticato per aver "venduto" l'arte di strada, passa la staffetta a Thierry Guetta aka Mr. Brainwash. Come si diventa artisti  negli anni 2000? Come Thierry ad esempio: un video amatore che sembra uscito da un romanzo di Chuck Pahalaniuk, riprende per qualche anno degli artisti di strada e all'improvviso diventa lui stesso uno streetartist milionario. Prima con suo cugino Space Invaders (leggi qui il mio post dedicato), poi con Obey e Banksy (epico il racconto dell'incursione a Disney Land), lo vedremo registrare decine di tape sui più influenti artisti di strada. del decennio. Poi qualcosa cambia. L'obiettivo sprofonda nella realtà osservata e ne viene risucchiato. Thierry diventa l'oggetto e il soggetto delle sue riprese. Et voilà: nasce un artista. 


Dov'è finita la gavetta? Dov'è la poetica? Dov'è l'Arte? Banksy non è così stupido (nè bacchettone) da ragionare in questi termini.  E' perplesso, ma va avanti con le immagini. Per Shepard Fairey in arte Obey, l'escalation di Mr.Brainwash è un "fenomeno antropologicamente e socialmente affascinante da analizzare e magari possiamo imparare qualcosa". Oppure no. Oppure - questo sì affascinante - a ritirare il premio come miglior documenario agli Indipendent Spirt Award è lo stesso Brainwash, inneggiando al valore culturale di un film che ne svela la sua completa incompetenza e ignoranza artistica. (qui il video)

Come siamo giunti a questo punto? La risposta è: c'eravamo sempre stati, fin dall'inizio. Eppure, sorpresa del regista (e di noi spettatori), anche quando il trucco viene svelato (e cioè che siamo di fronte ad un sistema-arte privo di contenuti, originalità, poesia e che ciò che conta è la promozione, la fortuna, la forma) l'Arte continua ad esistere. Come nel peggiore degli incubi marxisti, il capitalismo dell'arte continua a rigenerarsi sfruttando a proprio favore gli elementi della sua contraddizione (ehm,  politicamente parlando, vi ricorda qualcuno?). Cappuccio nero su una parete invasa di tag, Banksy affida il proprio giudizio all'ultima inquadratura del film - quale? - beh non resta che vederlo. 

venerdì 4 marzo 2011

Il Cigno Nero (Black Swan)

Il Cigno Nero (Black Swan)
Usa, 2010
Regia: Darren Aronofsky
Con: Natalie Portman, Mila Kunis,
Vincent Cassel, Winona Ryder








Quando esce un film sulla danza, ballerine, ballerini e pseudo-tali si trasformano in cinefili. Si, perchè tutti ma proprio tutti "i ballerina" che frequento, hanno la propria versione de Il Cigno Nero. Dal "ti-fà-prendere-ammale" al "è-na-palla-assurda", si passa allo "sconvolgentemozionante" fino allo scontato "è-proprio-vero". Era dai tempi di The Company di Altman che il mondo della danza accademica non si adunava in gran massa ai botteghini. Nessuno ne sentiva la mancanza, fra l'altro. Eppure eccoci di nuovo qui a sognare un incubo pungente. Perchè da Il Cigno Nero in pochissimi sono usciti salvi. C'è chi dà la colpa alle scene pseudo-horror (assai più easy di quelle made in japan); chi al faccione da Oscar di Natalie Portman; chi al tremolio nausente dell'inquadratura stretta nelle scene di danza (alterego sofisticato di quelle pugilistiche in Toro Scatenato). Roland Barthes lo chiamava "puntcum": quella frazione dell'immagine che ci punge emotivamente. Non sappiamo come, ma ci siamo punti e questo è un fatto. Lo psicodramma di Nina, la prima ballerina del lago dei cigni, passa dunque in secondo piano (per molti a causa della sua scontatezza), mentre Aronofsky procede con le sue perversioni visuali. Lasciamo da parte le lezioni psicanalitiche, il superego materno, le schizofrenie dissociative: concentriamoci sulle immagini in movimento. Dai singhiozzi di Requiem for a Dream, agli infarti di The Wrestler, sino ai volteggi digitali del Cigno oscuro. Bianco. Nero. Rosso. E ancora bianco.

Finalmente, si torna al cinema con regolarità. La parola chiave è: discrezione. Il buio della sala, ombre cinesi, patatine. Segnalo a tutti la commedia Into Paradiso, standing ovation al festival di Venezia e a mio avviso uno dei prodotti più validi del panorama italiano. E poi, moltissime sorprese in arrivo: Marzo is gonna blow!

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