lunedì 22 febbraio 2010

The Devil wears NERD

Una patina opaca filtra i riflessi diafani della serranda. Ho dormito 4 ore e gli occhi mi pesano come palline da golf. Alle 9 spaccate trovo Ino e Maxx sotto la porta di casa e mi domando: come avranno passato la notte? Ino con un'abbondante dormita, Maxx con un abbondante auto -erotismo. Here we go! La nuovissima Opel di Ino sfreccia aldilà degli Appennini, boriosa del suo impianto a Gpl, lasciando una scia di "puzza-di-concessionaria" fino in Emilia. Ma per arrivare a destinazione ci attende una prova imprevista: il ponte a pedaggio. 70 centesimi di euro per attraversare 30 metri di ponte. Neanche Caronte chiese tanto. Ci fermiamo perplessi. L'atmosfera è quella di Non ci resta che piangere. La mia nota avarizia sommata al senso del risparmio di Ino esortano l'inversione a U, poi a malincuore paghiamo il pedaggio...ma sarà l'ultima volta. Sistemati in albergo (10€ di cauzione per l'uso del telecomando in camera...ma stiamo scherzando?!) ci dirigiamo alla volta del Kojak dove si svolge il Lasagna Style contest. E' qui che facciamo la conoscenza del grazioso navigatore satellitare istallato sul cellulare di Ino. Ascoltare una puntata di "Uomini&Donne" sarebbe stato meno irritante! Oltre a riportarci insesorabilmente di fronte allo sguardo severo del casellante sul ponte a pedaggio, ci obbliga a passare in rassegna tutte le seicentoquarantasette rotonde del Ravennate imprecando ai relativi Santi protettori.
Here we are! L'atmosfera mi ricorda subito quella dell'Outbreak ad Orlando (nobile paragone!). Ambiente accogliente, denso, fresco. I bambini del baby contest infiammano le gole degli spettatori mentre i "grandi" mostrano le prime scintille nei cerchi adiacenti. C'è gran parte della scena italiana, e quelli che mancano si contano sulle dita. L'evento merita: dj competente, mc di carisma e b-boy infottati. La ciliegina sulla torta arriva alle 19.00 con la colossale Lasagna-della-mamma-di-Fast: simposio di gastronomia romagnola che mi rende orgoglioso d'essere italiano.
Ma dopo le cartucce a salve sparate nei cerchi iniziali, Urban Force è pronta a rivelare il suo micidiale arsenale. La voce serpeggia tra gli schieramenti nemici e nonostante l'impiego dell'intelligence emiliana, la vera natura dei guerrieri urbani rimane celata fino alla fine. Poi arriva. Occhiali senza lenti e t-shirt "Jesus Inside" per il sottoscritto; maglietta "Kinder:+latte -cacao" per Ino; cappello e t-shirt dei Muppets con esagerati pantaloni alla zuava per Maxx. In due parola: NERD edition. Cima in giuria se la ride, le altre crew anche, poi un pò meno, poi per niente. Bella prova per Flavor Kingz, SEBP, Feet For Funk e il "mostro finale" Break Tha Funk che non molla fino all'ultimo. Ma il nostro volto da ironico diventa irriverente, poi sadico. The Devil wears NERD. Vinciamo, ci divertiamo e nonostante il tifo pressochè assente (da lontano squillano solo due familiari voci femminili), in fondo tutti gradiscono lo spettacolo made in Rome. D'altronde se a Sanremo arrivano in finale Pupo & Emanuele Filiberto, perchè noi non possiamo vincere il Lasagna Style vestiti da idioti?
Poi come il set di una commedia all'italiana, l'evento si smonta velocemente e la gente sciorina verso il freddo della notte. Rimane il tempo per qualche inversione a U, un paio di sbornie di birra (anzi dimenticavo, Maxx ordina vodka e baileys!) e una manciata di "dopo-la-rotonda-prendere-la-seconda-uscita-a-destra" (navigatore maledetto!).
L'indomani mattina l'aria è spumeggiante e ci diamo al turismo fai da te. Ravenna è luminosa, ariosa, fotografica. Visitiamo la tomba di Dante Alighieri: "Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura/ché la diritta via era smarrita" - e ai quei tempi non esistevano ancora le rotonde! I guerrieri urbani dopo l'atrocità della battaglia, immergono le lame insanguinate nella fonte e nel giorno del Signore si riconciliano con la natura. Carezze sulle cicatrici. E poi si parla di arte, politica, misticismo, cure dentali di Maxx, storia, scherzi...fino a quando non giungiamo a Roma al calar del sole, ormai stufi di sentirci parlare, ma orgogliosi d'esserci ritrovati.

venerdì 12 febbraio 2010

Valentine Edition

L’amore è un niente generato da qualcosa. Ecco perché guardando indietro, senza il filtro dell’emozione, gli atti d’amore ci appaiono stupidi, ridicoli, senza senso. E’ avvenuto in noi uno spostamento (shift) dello sguardo amoroso. Prima provavamo amore senza sapere il perché (“perché anche se mi fa del male, continuo a non poter fare a meno di lui/lei?”) ma ora che sappiamo il perché (elenchiamo le caratteristiche positive/negative del soggetto amato) paradossalmente l’amore non è più niente, si dissolve nello sguardo a posteriori. L’amore, per esistere, deve essere percepito come una formula che genera uno scarto, un vuoto. Quando tentiamo di scoprire la sostanza di questo vuoto,assumendone il punto di vista e risalendo all’intera formula dell’alchimia amorosa, inevitabilmente il suo effetto su di noi svanisce.


Ecco un mixtape ad hoc per il vostro odiatoamato S.Valentino by Dj Skeme Richards:
http://djskemerichards.podOmatic.com/entry/2010-02-06T14_54_58-08_00

domenica 7 febbraio 2010

Il Concerto di Radu Mihăileanu: zombie ebrei comunisti?

Mosca, governo Bresnev, anni '70. Andrei Filipov (Aleksei Guskov), direttore della prestigiosa orchestra del Bolchoj, viene interrotto durante un concerto: rifiutarsi di licenziare i propri musicisti ebrei equivale a diventare anch'egli un "nemico del popolo". Da ora in poi gli unici strumenti che potrà dirigere in teatro saranno secchio e scopa. Agli altri spettano lavori ancor più miseri, o in alternativa il gulag.

Dopo Train de vie (1998, dove un gruppo di ebrei dell'est organizza un finto treno di deportazione per eludere quella vera) il regista rumeno Radu Mihăileanu rimette sui binari cinematografici la situazione sionista degli slavi contemporanei. Come al termine dei 40 anni di esodo biblico, agli ebrei russi è toccato combattere per la propria "terra promessa" sotto il totalitarismo comunista, che li ha definitivamente umiliati. Ma ad Andrei capita fra le mani una lettera d'invito del Theatre du Chalet di Parigi indirizzata al Bolchoj. L'occasione è unica: spacciarsi per l'attuale orchestra moscovita e terminare in Francia il concerto interrotto trent'anni prima.

Una domanda sorge spontanea: come resuscitare gli spiriti degli "ex-compagni" musicisti dopo decenni di frustrazione? Impossibile. La tradizione horror ci insegna che lo status di chi torna dall'oltretomba non è nè vivo, nè morto: è non-morto. Ed è qui che l'umorismo picaresco di Mihăileanu raggiunge il suo massimo. I suoi ebrei, letteralmente come zombie, prendono il posto degli attuali musicisti e invadono sbronzi il suolo europeo. Sotto forma di un blob malvestito fatto di mani e valigie, vogliono tutto e subito. Non solo. L'incubo persiste anche nel "dare" ed è incarnato dalla banda di gitani che con nochalances consegnano ad Andrei i frutti del proprio lavoro sporco. "Un russo ebreo che vende cellulari cinesi?" - gli ebrei ritornano come il paradossale scarto dei due opposti totalitarismi del novecento.



Lungi dal presentarci la solita critica "for us by us", il film apre uno spiraglio di armonia mettendo in scena la potenza della musica e dell'arte al suo grado massimo. Lungi dall'essere una colla ideologica che si scioglie sotto l'acqua sporca del quotidiano, il concerto è in grado di unire il collettivo (l'orchestra) e il personale (l'angelica violinista interpretata da Mélanie Laurent, protagonista di Bugiardi senza gloria di Tarantino) sotto il segno dell'emozione. Il direttore è lo sciamano in grado di incanalare l'energia mostruosa dei suoi musicisti-zombie, e senza perdere humor ci trasporta nel fantasmagorico universo musicale. Il meno "linguistico", il più reale.
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