domenica 7 febbraio 2010

Il Concerto di Radu Mihăileanu: zombie ebrei comunisti?

Mosca, governo Bresnev, anni '70. Andrei Filipov (Aleksei Guskov), direttore della prestigiosa orchestra del Bolchoj, viene interrotto durante un concerto: rifiutarsi di licenziare i propri musicisti ebrei equivale a diventare anch'egli un "nemico del popolo". Da ora in poi gli unici strumenti che potrà dirigere in teatro saranno secchio e scopa. Agli altri spettano lavori ancor più miseri, o in alternativa il gulag.

Dopo Train de vie (1998, dove un gruppo di ebrei dell'est organizza un finto treno di deportazione per eludere quella vera) il regista rumeno Radu Mihăileanu rimette sui binari cinematografici la situazione sionista degli slavi contemporanei. Come al termine dei 40 anni di esodo biblico, agli ebrei russi è toccato combattere per la propria "terra promessa" sotto il totalitarismo comunista, che li ha definitivamente umiliati. Ma ad Andrei capita fra le mani una lettera d'invito del Theatre du Chalet di Parigi indirizzata al Bolchoj. L'occasione è unica: spacciarsi per l'attuale orchestra moscovita e terminare in Francia il concerto interrotto trent'anni prima.

Una domanda sorge spontanea: come resuscitare gli spiriti degli "ex-compagni" musicisti dopo decenni di frustrazione? Impossibile. La tradizione horror ci insegna che lo status di chi torna dall'oltretomba non è nè vivo, nè morto: è non-morto. Ed è qui che l'umorismo picaresco di Mihăileanu raggiunge il suo massimo. I suoi ebrei, letteralmente come zombie, prendono il posto degli attuali musicisti e invadono sbronzi il suolo europeo. Sotto forma di un blob malvestito fatto di mani e valigie, vogliono tutto e subito. Non solo. L'incubo persiste anche nel "dare" ed è incarnato dalla banda di gitani che con nochalances consegnano ad Andrei i frutti del proprio lavoro sporco. "Un russo ebreo che vende cellulari cinesi?" - gli ebrei ritornano come il paradossale scarto dei due opposti totalitarismi del novecento.



Lungi dal presentarci la solita critica "for us by us", il film apre uno spiraglio di armonia mettendo in scena la potenza della musica e dell'arte al suo grado massimo. Lungi dall'essere una colla ideologica che si scioglie sotto l'acqua sporca del quotidiano, il concerto è in grado di unire il collettivo (l'orchestra) e il personale (l'angelica violinista interpretata da Mélanie Laurent, protagonista di Bugiardi senza gloria di Tarantino) sotto il segno dell'emozione. Il direttore è lo sciamano in grado di incanalare l'energia mostruosa dei suoi musicisti-zombie, e senza perdere humor ci trasporta nel fantasmagorico universo musicale. Il meno "linguistico", il più reale.

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