venerdì 8 gennaio 2010

Lo strappo pt. 3

Ho un paio di scarpe nuove. “Le” scarpe nuove. E sono mie. “Sto arrivando” – mi ripeto – “piccole mie, sto arrivando”. L’asfalto morde i pneumatici che a loro volta mordono l’asfalto. Piove. Ho le chiavi dell’appartamento di Paolo: un tugurio seminterrato per laureandi di sinistra. Mozziconi di pensieri sparsi e sudore lattiginoso di fronte alla porta rossa dell’ingresso. Entro.

Vibro un colpo alla porta che scuote l’appartamento come un domino scheletrico. Sono nell’atelier dei poveri. Ordinatamente confusionario, puzza proprio di convivenza. Paolo e Maddalena vivono qui da un anno e mezzo. Osservo. Noto una strana disposizione a yin-yang. Boccale di birra (Paolo): sottobicchiere (Maddalena); Mutande penzolanti (Paolo): contenitore Samla® con coperchio (Maddalena); Le Iene (Paolo): Kill Bill Vol.2 (Maddalena).

Solo una cosa li accomuna: quei cazzo di pupazzetti kidrobot del cazzo. Art Toys - Giocattoli da collezione, li chiamano. Un designer si sveglia la mattina, ordina un calco in plastica del suo puppet, ne colora diverse versioni, lo mette in un box “a sorpresa” e il gioco è fatto. E il business sembra andare bene. A centinaia scialacquano il loro stipendiucolo per collezionare questi “ovetti kinder” per trentenni. “Perché è di questo che si tratta, no?” – sussurro al tuo piercing cervicale. “Che cazzo vuoi?” – sbiascichi col viso sul cuscino. La tua silouette scomposta, le scapole scarnificate, il tuo culo perfetto…non ho tempo per fantasticare sulla ragazza di mio fratello. “Voglio le mie scarpe. Quelle che Paolo ha preso alla mostra dove ho collassato”. Punti il tuo dito di mantide verso una porta, poi accasci le spalle sul divano.

La porta fa resistenza, la scuoto provocando di nuovo quel domino scheletrico. Quello che prima poteva essere un corridoio ora è un ripostiglio asfissiante. Scatole, box, contenitori Smala®, scatoloni, cesti, buste, imballaggi, cofanetti, raccoglitori, cilindri, parallelepipedi, sfere, forme. Asfissiante. Inizio da quelle a grandezza di scarpa. Apro la prima: dentro ci sono solo kidrobot – la chiudo e la rimetto al suo posto. Apro la seconda: ancora kidrobot – la chiudo e la rimetto al suo posto. Apro una terza: kidrobot – la chiudo e la rimetto al suo posto. Quarta: kidrobot rotti – chiudo e rimetto a posto. Quinta: kidrobot – chiudo, a posto. Sesta: kidrobot – chiudo, a posto…Sedicesima: kidrobot – chiudo, a posto…Trentaduesima (troppo lontana). Prima scatola: la porto fuori dal ripostiglio. Seconda: la porto fuori dal ripostiglio e l’appoggio sopra alla Prima. Terza scatola: la porto fuori dal ripostiglio e l’appoggio sopra alla Seconda. Quarta: porto fuori, appoggio sulla Terza. Quinta: fuori, sulla Quarta…Trentaduesima: fuori sulla Trentunesima. Trentatreesima: fuori, sulla Trentaduesima…Sessantanovesima: fuori sulla Sessantottesima…Centoventesima: fuori sulla Centodiciannovesima. E così via fino a rimanere solo con l’eco del domino scheletrico del corridoio.

Ma le pareti mute gridano qualcosa di subliminale, efficace. Tu Maddalena, tu saprai dirmi dove si trova ciò che stavo cercando, tu avrai sicuramente una risposta. Ma tu non ci sei e nemmeno la mia giacca. Vibra il telefonino: “ho preso la tua giacca faceva troppo freddo :-P sono al ristorante qui sopra. Attacco alle 6. kiss”. Mi faccio largo tra l’ammasso di scatolame, che vibrando un solenne colpo alla porta, sento implodere alle mie spalle. Bammm!

Salgo le scale a due a due. Tu sola al tavolo. Ieratica come una statua, anzi no, irriverente come un kidrobot del cazzo. “Cos’è un racconto? L’ho trovato nella tua giacca” – sorridi inforcando le pagine con l’anulare. “Si, devo finirlo entro la scadenza” – mentre mi siedo. “Quando?”- porgendomi il libretto. “Non ricordo”. Poi spuntano fuori due calici e una bottiglia di vino. “Senti Maddalena puoi dirmi dove cazzo…” – ma tu mi interrompi – “Prima di tutto…leggimi il tuo racconto e brindiamo alla tua guarigione!”.


E leggo: “Lo Strappo pt.1…

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