venerdì 25 dicembre 2009

Lo strappo pt.1

Avevo un paio di scarpe nuove. Erano assolute. Avendo in testa un’immagine campione del concetto di scarpe, ecco io immaginavo quelle scarpe. Ma non erano più quelle scarpe, erano “le” Scarpe. La soddisfazione divenne ossessione. L’ossessione divenne monomania. La monomania divenne legge. Così legiferai. “Al fine di preservare dai fattori ambientali che minacciano la sua perfezione, impongo i seguenti divieti: No al sole: scolorisce la suola; no ai jeans lunghi: stingono e macchiano il tacco; no a lavoro, no in campagna, no se piove, no in presenza di animali, no al primo appuntamento con una donna”. No.

[Una volta una ragazza fa cadere del vino sui miei pantaloni. Rivoli di porpora scivolano sulla gamba, filtrando minacciosi verso i piedi. Mi getto sul fianco destro, prendo a slacciare le scarpe con la fermezza mista a nervosismo, come un killer al primo incarico. Sudo freddo. L’alcol ubriaco riempie ormai il risvolto dei pantaloni. I lacci non collaborano ma non posso fargliene una colpa: sono così delicatamente abbracciati col cuoio dell’asola! I calzini si inzuppano di rosso sino alla caviglia. I piedi sussultano immobilizzati come nel migliore dei bondage. L’otre di stoffa è pronta a traboccare, lo sento. Scivola scivola scivola. Riemergo con la testa sul tavolo. Chiudo gli occhi. Li apro. Il viso di lei è diventato un opera di Alberto Burri. Il ristorante si congela e va fuori fuoco…mi tuffo col cranio all’indietro! Le gambe volano in aria e un liquido cremisi mi schizza in faccia. Le scarpe sono salve. Si, le vedo penzolare all’estremità della sedia ribaltata. Sento la testa sempre più umida e calda. Rosso rosso rosso. Ma non è vino, è sangue. Ho la lucidità per chiedere all’infermiere di pulirsi le mani prima di toccarmi i piedi. Estraggo il cellulare, seleziono Paolo: ”sonoinospedalevieniaportarelescarpealsicuro”. Buio.]

Il punto è, come vi sarete accorti, che ho descritto questi precetti utilizzando il passato. Quelle scarpe, “le” Scarpe, sono morte. Qualcuno le ha strappate.

E’ la notte di Natale. Al centro del gran presepe della mia chiesa Gesù bambino se la ride a piedi scalzi mentre Giuseppe, Maria e tutti i pastorelli si congelano con quella sottospecie di sandali di caucciù. Se la ride perché i neonati non hanno il problema delle scarpe. Se la ride perché anche quando crescerà non avrà il problema delle scarpe. Voglio dire, a che servono le scarpe a uno che cammina sull’acqua? E forse se la ride del sottoscritto: un pastorello senza sandali. Pesco dalla tasca un 1 euro e faccio la mia offerta natalizia. Eccolo là quel figlio di puttana che mi ha strappato “la” Scarpa. Si confonde fra l’assemblea ma presto tornerà in questa stessa chiesa come protagonista del suo funerale. Al piede dovrebbe avere le Geox – scarpe che respirano per un coglione che non repirerà più.

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