Lo stronzo è quasi alla mia portata. Mi faccio strada fra il puzzo dell'incenso. Poi tutti si siedono: è il momento dell'omelia. Rimaniamo solo io e lui in piedi. Mi pietrifico. "Sia lodato Gesù Cristo" - striscio al suo fianco - "Sempre sia lodato" - gli stritolo un gomito - "Fratelli..." - esordisce il prete - "Fratello..." esclama Paolo agonizzante. Già, Paolo è mio fratello, o meglio, lo è stato fino al momento in cui ha deciso di strapparmi "Le" scarpe. Troppo colpevole per il ruolo di Abele, troppo innocuo per quello di Caino, Paolo subirà semplicemente un fratricidio se non mi dirà la verità.
L'aria è frizzante e c'è un mercatino dell'usato che fa capolino da in fondo alla piazza. Entriamo in un esofago di cianfrusaglie che non servono a niente. Urge un chiarimento. "Perchè hai strappato le mie scarpe?" - sbiascico a denti stretti. "Non ho strappato io le tue scarpe." - risponde. Allora dico:"Chi è stato?" - e lui:"Cosa vuoi?" - e io:"Voglio sapere chi cazzo è stato a strappare le mie scarpe e perchè." - e lui:"Che vuoi che ti dica?" - e ripeto:"Voglio cazzo sapere chi cazzo è stato a strappare le mie scarpe e perchè!" - e lui:"Che vuoi che ti dica che sono stato io?!" - e ripeto:"Voglio cazzo sapere chi cazzo è stato a strappare le mie cazzo di scarpe e perchè!".
"Senti, io ho solo fatto quello che mi avevi chiesto nell'sms: ho preso le scarpe e le ho portate al sicuro. Punto." In apparenza i conti tornano. Paolo, mio fratello, ha ricevuto l'sms in occasione del mio piccolo incidente al ristorante e come al suo solito, ha obbedito all'ordine. "Sono giorni che aspetto che tu venga a riprendertele" - aggiunge. Sono stato ricoverato un paio di giorni - trauma cranico commotivo - poi sotto con le ultime consegne di lavoro - striscie satiriche, slogan, un racconto breve. Paolo continua "Sono passati 6 giorni dal tuo incidente e non hai mai risposto al telefono. Ora ti presenti con due occhiaie alla Steve Buscemi e mi accusi di averti strappato le scarpe!?". Ho ancora l'immagine lacerante dello squarcio sul tessuto. La vivida ferita sintetica. Lo strappo. "Ho ancora l'immagine dello strappo..." e Paolo mi interrompe:"Ma quale strappo? Quello alla mostra di Burri?". Sta facendo leva sul mio amore per le opere di Alberto Burri, ma i suoi "strappi" non centrano nulla con "quello" strappo di cui sto parlando. "Non scherziamo" -sghignazzo - "ti ho visto con i miei occhi che squarciavi le mie scarpe li al ristorante". Un soffio di vento, il "dling-dling" delle anticaglie.
"Aspetta un momento...quale ristorante?" dice. "Quello del trauma cranico ricordi?" dico. "Fratello, forse è stato ben più che un trauma cranico...hai sbattuto la testa, è vero, ma non in un ristorante, bensì alla mostra di Alberto Burri. Mi hai mandato questo sms - sonoinospedalevieniaportareLescarpealsicuro - e così ho fatto, portandole a casa mia prima di partire per Firenze. Alla mostra sei scivolato come una pera cotta sul pavimento umido e hai perso i sensi, scatenando anche una certa ilarità. Non ci vuole un genio della psicanalisi per capire che forse tutti quegli strappi e quelle lacerazioni alle pareti ti hanno fatto lavorare eccessivamente di fantasia durante le tue ore di incoscienza".
Silenzio. Poi ancora silenzio."Ero al ristorante con una ragazza e per salvare le mie scarpe dal vino mi sono ribaltato con la sedia.." - tento di spiegare - "Tranquillo" - dice Paolo - "E' stato solo un sogno, una fantasia, un "Matrix" della tua mente per coprire la figuraccia della mostra. Le tue scarpe sono sane e salve a casa mia".
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