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mercoledì 29 luglio 2015
Ex Machina di Alex Garland: fra cognizione incarnata e robotica evolutiva
Robot, androidi, cyborg, A.I.: chiamateli come vi pare, ma essi vivono e lottano insieme a noi. Sorpassata la classe operaia, è il fantasma della classe robotica che infesta questi folli, insostenibili anni di tecnocapitalismo avanzato. Certo, non si tratta di roba nuova: film come Blade Runner di Ridley Scott o A.I. di Steven Spielberg, piluccando briciole da Asimov e Dick le trasformarono in palle di fuoco visuali da milioni di dollari e spettatori. Questi prodotti culturali erano il sogno (e l'incubo) proibito di teorie cibernetiche sviluppate nel dopoguerra e che raggiunsero il loro heyday negli anni 60 attraverso la costruzione dei primi elaboratori elettronici. Roba finanziata dallo zio Sam, ovviamente. Poi negli anni 70 e 80 si tornò ad indagare la mente umana nel suo rapporto col corpo e l'ambiente, ma l'attenzione venne catturata da futurologici dispositivi di realtà virtuale che promettevano di trascendere il corpo e disperderlo nel ciberspazio. Trainati dal caterpillar Neuromante di William Gibson (1986), fecero incetta di immaginari film come Il tagliaerbe (Leonard, 1992), Jhonny Mnemonic (Longo, 1995), Strange Days (Bigelow, 1995), Nirvana (Salvadores, 1997), eXistenZ (Cronenberg, 1999) fino all'infamoso Matrix (Andy e Lana Wachowsky, 1999) che di Neuromante è una sorta di fratellino filosoficamente imbranato.
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lunedì 22 giugno 2015
#LcomeAlice oltre il Fringe: finali alternativi e teatro d'attrazione
Di ritorno dalla nostra prima esperienza al Roma Fringe Festival, è il momento di fare un punto della situazione artistica, produttiva e "ambientale" entro cui il progetto L come Alice continuerà a destreggiarsi. In tre giorni di palcoscenico abbiamo intercettato oltre 100 spettatori, collezionato 5 nuove recensioni + un'intervista inedita, ampliato la ciurma artistica a 7 persone (di cui solo una sulla scena!) e ricevuto un'interessante proposta dall'estero (dove/come/quando lo scoprirete molto presto...). Nonostante lo stop al primo turno, L come Alice ha prodotto discorso e ha prodotto genuini hangover interpretativi dopo gli istituzionali 50 minuti di messa in scena.
martedì 3 febbraio 2015
«Italiano medio»: will the revolution be televised?
In Italia, si sa, abbiamo un grosso problema con la commedia. La "commedia all'italiana", così come gli spaghetti al pomodoro, è il brand salvagente a cui il feudalesimo dello spettacolo si riempie la bocca e (speranzoso) le tasche. Un fenomeno, quello della commedia all'italiana, che sostanzialmente nasce e si esaurisce nel cinema di Steno, Monicelli, Risi, Age & Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico degli anni 50. In questo senso La Grande Guerra (Monicelli, 1959) fa da spartiacque: riunisce idealmente il personaggio di Alberto Sordi in Un eroe dei nostri tempi (1955) e quello di Vittorio Gassman de I Soliti Ignoti (1958), uno poliziotto, l'altro "lavoratore", e li catapulta nel bagno di sangue della prima guerra mondiale. Seguirà una stagione di rivoluzioni, dove i vari "poveri ma belli" fanno i conti con la fine del boom economico e vengono mano a mano annichiliti dalla cultura televisiva. Durante l'age d'or delle pagliacciate smanettone e scorreggione dei vari Lino Banfi e Alvaro Vitali, arriva Fantozzi di Paolo Villaggio (1975) che, fra i tanti, percula quel melieu cinefilo di sinistra che non sa più ridersi addosso e Un sacco bello di Carlo Verone (1980) che è l'ontogenesi cine-televisiva del coatto romano tardo-capitalista. Lo scivolone avviene negli anni 90 quando la satira di destra si lega a doppio filo col potere a tubo catodico: da un lato le pochade del Il Bagaglino, dall'altro quelle dei Cinepanettoni targati Vanzina. La risposta dei progressisti [sic.] avviene tramite commedie moral-melodrammatiche, che dal colpo di coda di Monicelli in Amici Miei (1975) vanno gradualmente impaludandosi con le saghe di Verdone, Pieraccioni, Aldo Giovanni e Giacomo, Benvenuti al... e l'infamoso, definitivo, Checco Zalone. Questa menata storica, solo per dire che Italiano medio parte già con le "mani nella merda".
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domenica 9 novembre 2014
Interstellar: Umano troppo (post)Umano
Ieri ho riesumato un vizio seppellito da tempo: andare al cinema da solo. Galvanizzato da un ciclo anarchico di proiezioni casalinghe composto da Evangelion 3.0, Johnny Mnemonic, Hellsing, Gravity e Robocop (quello del 1987) sono salpato in direzione del cinematografo a me più prossimo per visionare Interstellar. In questo film, Christopher Nolan, regista cult per aspiranti-tesisti di teoria del cinema, arruola Matthew McConaughey, attore cult per aspiranti-tesisti di fonetica anglo-americana e True Detective, e lo spara nello spazio per quasi 3 ore. Perché - #sapevatelo - il tempo è relativo. Siamo al cospetto del classico plot alla Nolan: (a) un tizio intraprende una missione per salvare il mondo; (b) il tizio scopre che il mondo non esiste; (c) lo spettatore non ci capisce più una mazza e (d) ah ma l'avevo capito fin dall'inizio! Inoltre, come ogni film-sullo-spazio che si rispetti, Interstellar cade nelle fauci di una categoria di cinefili che da anni lotta contro l'estinzione: i nostalgici di 2001: Odissea nello spazio, che vi spingeranno a raffazzonare acrobatici paragoni col conclamato film di Kubrick. Volente o Nolante. Così, infestato da frotte di cliché e caricato di investimenti libidici collettivi, Interstellar ha tutte le carte in regola per per seguire l'infamoso Batman: il ritorno del cavaliere oscuro nella tenda del Grande Capo #Estiqaatsi. E invece no. Questo BigMaConaughey di Nolan l'ho gradito, digerito ed espulso così:
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martedì 9 luglio 2013
Far respirare l'Hip Hop: Breakdance, Cinema e Bene Comune

Si può vivere di solo Hip Hop? Internet è utile alla scena? Che c'azzecca la breakdance con Amici di Maria? Ma soprattutto: «Cosa resteraaà, di quegli anni ottantaaa?!» - Pardon. Questi e altri, i dilemmi parzialmente snocciolati nell'ultima domenica di giugno presso il Communia di San Lorenzo in compagnia di dj Ice One, mc Shark, Amir e il sottoscritto. Il pretesto è stato offerto da Giulia "Chimp" Giorgi, autrice e organizzatrice di 1 World Under a Groove, un documentario sul mondo della breakdance girato a Roma durante un progetto di scambio fra crew provenienti da Italia, Marocco, Francia, Polonia e Tunisia. La proiezione del breakumentary è stata l'occasione per mappare il percorso e i possibili sbocchi della scena italiana e internazionale.
Il documentario è un tuffo nel microuniverso del breaking euro-mediterraneo. Bboy e bgirl ballano e si raccontano: c'è chi oltre a ballare studia o dirige una fanzine, chi gira il mondo per rappresentare il proprio paese, chi cerca un'indipendenza, chi ricorda la guerra e chi lotta ancora con la società o la propria stessa famiglia per affermare l'autenticità della propria passione. Storie a fiotti, sempre diverse e spaventosamente simili. Che sia stata una donna ad a prendere l'iniziativa di mostrarle, non è da sottovalutare. Quelle dei ragazzi di 1 World, come quelle di Ice One e Shark, sino al gioco di aneddoti sulla "nuova scuola" fra me e Amir, sono le bollicine di un brodo primordiale che rischia l'estinzione. Ma c'è davvero interesse nel raccontare e ascoltare queste storie? Della "scena romana" ci sono solo una manciata di rappresentanti, fra questi una bgirl, e per una volta il rapporto uomo/donna supera la soglia del 1/5 (secondo una mia personale statistica, normalmente nel breaking italiano è di 1/200 per i masculi, sic!).
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mercoledì 24 aprile 2013
Khomsiri, Kyu-dong, Guan Hu: 3 frame sul mio Far East Film Festival
Ci voleva una mezza settimana di festival per riportare il cinema su queste pagine. Ci volevano pasti frugali e coinquilini cinefili. Ci volevano 5 film al giorno: 2 ore di buio, luce, di nuovo oscurità. Ci voleva. Taiwan, Tailandia, Cina, Filippine, Giappone e l'onnipervasiva Corea del Sud: ho deciso di fissare la mia prima esperienza udinese attraverso 3 frame.
I. Il cibo: presenza pantagruelica che si degusta tra un film e l'altro. Nella commedia giovanilista Instanbul Here I Come di Bernard Chauly, nel punk all'acqua di rose di G'Mor Evian! di Yamamoto Toru e soprattutto in The Winter Of The Years Was Warm del coreano David Cho, dove il rapporto amoroso viene "consumato" in tavola e non a letto. La coppia protagonista del film di Cho, decide di scambiarsi l'appartamento. Lui si innamora, mangia un pesce palla e finisce in day hospital. Aspetterò due giorni per assistere al primo bacio del festival. Udine by night: al ristorante Asian Wok si mangia giapponese, cinese e tailandese. Si mescolano tradizioni, si condividono idee. Nel lontano est, il rituale del cibo è cinematograficamente potente perchè è una pratica di condivisione, "pittorica": condivido il mio piatto con il tuo, intingo la bacchetta, la mescolo con altri colori. Quando la condivisione diventa forzata a causa di una moglie nevrotica con l'hobby della cucina (All About My Wife di Min Kyu-dong), l'effetto è perturbante e pericolosamente divertente.
sabato 20 aprile 2013
Raining in the rain vs Futuro Anteriore | #FEFF
Si può tramandare il sapere a colpi di pugnali volanti? Due donne sulle tracce di una sacra pergamena, fra i dedali del tempio, labirinti della memoria secolare. Tripitaka.
Udine, Far East Festival, per gli amici #FAFF. Smonto dal treno scosso dalla nottata in cuccetta e dalla prima pagina del giornale. Dismettersi, dimettersi. Nei prossimi giorni sarò di vedetta qui al festival del cinema asiatico. Avvertenza: preparatevi a sorbirvi film impronunciabili che non vedrete mai e ideogrammi a manetta. Ad esempio questo: 삼장
Il 6 settembre 2012 fioriva su Giap! uno strano oggetto narrativo: Futuro Anteriore. Archeologia del dopo catastrofe. Il testo ruotava attorno ai temi della conservazione e trasmissione del sapere nell'epoca digitale e inaugurava un'ermeneutica archeologica: guardare al passato con gli strumenti del futuro. Oggi, a distanza di oltre un anno, un dejavù epistemico mi piomba addosso come una panoramica a schiaffo. Raining in the mountain di King Hu, un pioniere del genere wuxia, sembra uscito dal pentolone di Futuro Anteriore. La storia ruota attorno alla pergamena di Tripitaka, merce di culto per la comunità di monaci e merce di scambio per i laici del paese. Fra valore d'uso e valore di scambio, finisce per prevalere una sorta di valore-sapere: l'abate brucia l'originale e distribuisce gratuitamente la copia. Le ultime scene d'azione sono la liberazione sintomatica e visiva di un'ansia di stoccaggio che ci tocca da vicino, oggi più che mai.
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venerdì 1 febbraio 2013
L'Ombra al Festival della Creatività di Roma 2013
Dopo un anno di latitanza il 22 Febbraio ore 20:30 presso il Factory di Roma torna L'Ombra, lo spettacolo multidisciplinare scritto, diretto e ballato da Nexus (aka il sottoscritto). Cambia il cast, cambia la location, cambia la realtà: si tratta insomma della release 2.0. Responsabile del golpe, è l'Assessorato alla Famiglia, all'Educazione e ai Giovani di Roma Capitale (sbem!) che tramite la società Zètema ha indetto il bando per il Festival della Creatività a cui prenderà parte L'Ombra.
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sabato 8 dicembre 2012
Stregatto Randagio (3) - un racconto di Nexus
Terza puntata del mio viaggio di educazione cinematografica attraverso la breakdance. Buena suerte!
§
1.
Una volta instradato, implementò i quattro programmi madre: acchiappaocchi, carapace, mantide religiosa, clownerie. L'acchiappaocchi sviluppava espressioni facciali e strategie visive atte a raccogliere l'attenzione del pubblico instaurando una simbiosi semantica più duratura possibile. Carapace – che prendeva il nome dallo scudo bivalve dei crostacei – era il programma dedicato alla salvaguardia dell'epidermide. Si fondava su di un semplice assioma: se un b-boy pensa di non farsi del male, riuscirà davvero a non farsi male. La prassi aveva riscontri assai deboli, ma anch'essi venivano interpretati alla base di un'altra teoria riconducibile (forse falsamente) all'idealismo tedesco, secondo cui: “Se i fatti non aderiscono alla teoria, allora cambia i fatti”. Mantide religiosa riguardava le strategie di consumo e preservazione delle energie, e in particolare sulla capacità di dissimulare qualsivoglia espressione di disincanto e portare a termine lo show con il massimo di irrealismo. Clownerie – da vocabolario – è l'arte di fare il clown.
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venerdì 23 novembre 2012
Stregatto Randagio (2) - un racconto di Nexus
La seconda puntata del racconto ispirato al mio streetshow tour della scorsa estate. Se vi siete persi la prima puntata: scrollate in basso ;-)
§
Equipaggiamento:
Zaino. Cassa amplificata. *Sapone di marsiglia. *Cerotti/Garza. Biancheria intima. Infradito. Costume da bagno. Maglia (maniche lunghe). Pantalone corto. Asciugamano. Borsa termos. Per lo show: pantaloni lunghi. T-shirt (x2). Cappello. Occhiali 3d. Fiore. Aereo. Naso rosso. Lettore mp3 + cavo USB. Lettore USB. Ombrello. Linoleum (tappeto). Cavetto RCA b/r. Scarpe. Passaporto. Antistaminico. Coltellino svizzero. Quaderno blu + penna. Chiavi Pescara. Telefonino + caricatore. Rasoio.
*: oggetti mancanti
*: oggetti mancanti
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venerdì 16 novembre 2012
Stregatto randagio - un racconto di Nexus
Questa estate ho preparato uno show e mi sono messo in viaggio. Avevo scritto due righe qui sul blog, e portato con me un quaderno di appunti. Ritornato stravolto da questo tour di 10 giorni in solitaria, fui obbbligato al riposo coatto e fra settembre e ottobre scrissi *qualcosa*, rielaborando gli appunti del quaderno. Ora, poichè sto scrivendo un'altra cosa e un'altro spettacolo, mi riesce difficile pubblicare nuovi articoli su nexusmoves. Ecco perchè nelle prossime settimane vi sorbirete questo racconto a puntate che narra in stile picaresco (ma non troppo) le mie avventure lungo la riviera adriatica. A farvi compagnia i soliti topic del blog, che sono gli stessi della mia esistenza: breaking, cinema, filosofia, vita di strada, cultura hip hop e nasi rossi.
Prima di iniziare il viaggio, una premessa d'obbligo:
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
§
Stregatto Randagio
Quaderni di un b-boy con l'hobby di lavorare
0.
Un giorno qualunque decise di partire. Fare fagotto, rilanciare la sua arte per le strade. Mancava solo l'idea, la traccia musicale, l'apparecchiatura e l'itinerario. Insomma mancava tutto. L'estate s'apprestava al giro di boa e ne dedusse che il tempo fosse dalla sua. Si sentiva in gran forma. Non rimaneva che applicarsi. L'idea precipitò inaspettata o forse s'era accovacciata sotto la coltre dell'inazione, balzando fuori assetata d'effetto sorpresa. Decise di raccontare la storia del cinema attraverso il breaking, o come tutti chiamavan' breakdance, l'antica arte di voltolarsi sul beat.
Per l'imminente performance servivano colonne sonore orecchiate e ballabili, oltre ad una coerenza storico-critica delle citazioni che ne avrebbero composto l'intelaiatura. Seguirono giorni di intenso studio. Mentre scorreva il manuale di cinema nordamericano, cavalcava con la memoria fotografica i capolavori di quello italiano. Sebbene fosse a suo agio coi fornelli, dilapidava primi piatti frugali e spuntini ipocalorici. Trascurò l'allenamento quotidiano per sfarzose elucubrazioni. Prendeva la cosa molto sul serio, come se il fantasma di Roland Barthes lo avesse potuto sbertucciare pubblicamente da un momento all'altro. Una sera si coricò con un dilemma: il pubblico medio avrebbe colto la citazione a Nostra Signora dei Turchi di Carmelo Bene? Un'altra notte, domandò a Laura, la sua convivente: “E se mettessi la sigla di Batman degli anni sessanta?”. Laura sapeva che confondere il cinema con la televisione era sintomo di un imminente tracollo. Spense la luce senza rispondere.
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martedì 11 settembre 2012
Il Web Gnostico: teoria del complotto e ideologia della rete (2/3)
NB: questa è la seconda parte di un post "a puntate". Se ti fossi perso la prima clicca qui.
§
Per teoria del complotto si intende una teoria che offre un’interpretazione alternativa alla versione ufficiale, di determinati eventi ad opera di una cospirazione o complotto. In ambito storico e sociologico, questo termine è usato per indicare quelle “cospirazioni” che non hanno avuto una plausibilità scientifica. Non solo molte teorie del complotto non si basano su prove o fatti empiricamente dimostrabili ma non seguono nemmeno le norme internazionali del metodo scientifico, il quale prevede la contestualizzazione storico-critica dei dati, il confronto con altri autori e l’elaborazione di una teoria che sia (“salvo prova contraria”) la più plausibile per analizzare un determinato fenomeno. In aggiunta, un altro tratto caratteristico delle teorie complottiste è quello che in psicanalisi è definito “eccessivo investimento libidico” da parte del soggetto (cfr. Lacan e Zizek). Esempio: io sono geloso del mio partner. Non importa se effettivamente egli mi tradisca o meno. Il fatto che io provi gelosia va aldilà dell'eventuale prova di tradimento. Paradossalmente, anche se effettivamente il mio partner mi tradisse, i motivi della mia gelosia sarebbero lo stesso di natura patologica. Insomma, non è in virtù di una teoria ragionata, che scaturisce la passione per la lotta, ma al contrario, è grazie a un’eccesso di libido che sono indotto ad elaborare una teoria per razionalizzare le mie azioni.
Di conseguenza, non solo tendo ad abbracciare quelle teorie che più si confanno alla mia inclinazione psicologica, ma tendo a prendere per buoni ed assumere su me stesso alcuni metodi di interpretazione che utilizzo – come si è detto nella prima parte del post – per il mio lavoro di ricerca personale della verità. Questi metodi, che hanno lo stupefacente vantaggio di farci capire “immediatamente” come va il mondo, sono ben circoscrivibili prendendo alcune nozioni di base di semiologia, epistemologia ed ermeneutica. Tenterò ancora una volta di sintetizzarne alcune, con l’invito ad approfondire qualitativamente a fronte della bibliografia in appendice.
lunedì 11 giugno 2012
QUARTO selezionato a Umbriametraggi 2012
Dopo Questione di Attitudine (2008), il mio cortometraggio Quarto parteciperà a prossimo Umbria Film Festival nella sezione Umbriametraggi che si svolgerà dall'11 al 15 Luglio a Montone (PG). L'opera è tratta da L'Ombra, spettacolo di multimediale andato in scena lo scorso Febbraio a Roma. In origine il corto era in bianco e nero, muto e ricco di didascalie. Ora è interamente musicato, sporadicamente colorato e privo di dialoghi. Il co-autore di Quarto è Modest Mussorgskij, compositore russo del tardo ottocento, di cui ho remixato Quadri da un'esposizione (in versione pianoforte).
***
Sinossi crudele:
2 fotografi, 1 reflex, 3 corpi, 1 assassino, 3 occhi, 2 armi, 5 colori. 1,2,3,5: manca il quarto!
Note di regia:
"Tanto riusciremo tutti prima o poi a fare i nostri film, e i film sputtaneranno quello che abbiamo scritto e viceversa." C.B.
Ci vediamo a Montone!
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martedì 5 giugno 2012
Timira e la Soggettiva Libera Inidiretta
Non mettevo piede allo Strike dallo scorso autunno, quando un memorabile concerto dei Funkallisto chiudeva i festeggiamenti per i 9 anni di occupazione, sugellando la settimana calda del #15ott con la cover di Super Bad di James Brown. Poi a Marzo l'assalto di Casapound al circolo futurista: guerriglia in pieno giorno, rossi contro neri, anni '70. Casalbertone è stato il quartiere di partenza della mia epopea romana. Scendi a Tiburtina, prendi il 409, compri un pezzo di pizza da Franco, fai le scorte da Auchan o all'In's e alle 20 rimonti sul 409. La routine di un anno e mezzo.
venerdì 20 aprile 2012
Diaz di Daniele Vicari: "Un meccanismo c'è ma l'hanno messo bene nascosto"
Pastoso, accecante e viscido: il film di Vicari sulla mattanza alla scuola Diaz è questa melassa di immagine-emozione che ti impiastriccia il cervello, rovinandoti il sogno. Al botteghino due ragazzi comprano pop-corn-e-coca-cola: come mangiare durante una cagata di gruppo.
***
Diaz è questo: un grande affresco di merda e sangue, poetizzata attraverso il linguaggio filmico, e per questo ancor più fetido e pungente. Vicari lo sa. Nasconde le fonti (riportate nei titoli di coda) e preme sulla forma. Ma come dice il Colle: "Un meccanismo c'è, è l'hanno messo bene nascosto".
***
Barcellona, 11 anni dopo Genova. Vaghiamo in cerca del notturno per l'aeroporto e c'imbattiamo in una discussione su manifestazioni,violenza-non-violenza, G8, polizia e blackbloc. "Se bruciano le macchine è giusto che vengano picchiati" e "Non dico i pacifici, ma quelli che fanno casino". Dopo 11 anni "il meccanismo" è ahimè ancora ben nascosto. Nell'opinione comune Genova è stato un fatto brutto ma in fondo in fondo qualcuno se lo meritava, perchè qualcuno se l'era cercata. Spiego all'amico che la legge, non è mai Legge, ma semplicemente Una legge e che siamo esseri-di-diritto in un mondo di "casi" che decretano l'autorevolezza o meno del nostro agire.
***
Vicari tenta di svelare il meccanismo, concentrandosi sul pathos e sui profili psicologici dei capi, non tanto dei celerini. Loro, sbirraglia fascistizzata, sono un ammasso di caschi blu e manganelli: acusmatici, nascosti. Svelare il meccanismo: la ricerca del casus belli, la trasfigurazione mediatica, le infiltrazioni, la violenza psicologica e verbale dello Stato/Polizia. Cose note a chi c'era e chi c'è, ma ancora non entrate nel senso comune. Che un calciatore finga di cadere a terra per accentuare un fallo, quello si, lo sappiamo e lo accettiamo. Diaz riesce a giudicare il potere, non le persone.
Un film hardcore, in un tempo in cui movimenti e cultura Hip Hop dovrebbero tornare alleati.
***
Diaz è questo: un grande affresco di merda e sangue, poetizzata attraverso il linguaggio filmico, e per questo ancor più fetido e pungente. Vicari lo sa. Nasconde le fonti (riportate nei titoli di coda) e preme sulla forma. Ma come dice il Colle: "Un meccanismo c'è, è l'hanno messo bene nascosto".
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Barcellona, 11 anni dopo Genova. Vaghiamo in cerca del notturno per l'aeroporto e c'imbattiamo in una discussione su manifestazioni,violenza-non-violenza, G8, polizia e blackbloc. "Se bruciano le macchine è giusto che vengano picchiati" e "Non dico i pacifici, ma quelli che fanno casino". Dopo 11 anni "il meccanismo" è ahimè ancora ben nascosto. Nell'opinione comune Genova è stato un fatto brutto ma in fondo in fondo qualcuno se lo meritava, perchè qualcuno se l'era cercata. Spiego all'amico che la legge, non è mai Legge, ma semplicemente Una legge e che siamo esseri-di-diritto in un mondo di "casi" che decretano l'autorevolezza o meno del nostro agire.
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Vicari tenta di svelare il meccanismo, concentrandosi sul pathos e sui profili psicologici dei capi, non tanto dei celerini. Loro, sbirraglia fascistizzata, sono un ammasso di caschi blu e manganelli: acusmatici, nascosti. Svelare il meccanismo: la ricerca del casus belli, la trasfigurazione mediatica, le infiltrazioni, la violenza psicologica e verbale dello Stato/Polizia. Cose note a chi c'era e chi c'è, ma ancora non entrate nel senso comune. Che un calciatore finga di cadere a terra per accentuare un fallo, quello si, lo sappiamo e lo accettiamo. Diaz riesce a giudicare il potere, non le persone.
Un film hardcore, in un tempo in cui movimenti e cultura Hip Hop dovrebbero tornare alleati.
mercoledì 1 febbraio 2012
La Realtà
“Realtà”
sta a “Finizione” come “Vero” sta a “Falso”. E’ algebra. Pittura,
scultura, cinema, televisione - ah! la televisione! - internet: mondi
virtuali, artefatti, illusori, pseudo-mondi. Pillola rossa o pillola
blu? - disse il Bianconiglio. Siamo alla terza generazione della cultura
dell’immagine e alla prima del digital born. Un pc in ogni casa e qualche “mela” nel taschino: registrare, riprodurre, diffondere.
#15Ottobre
2011, Piazza S.Giovanni - Col naso appanno gli occhiali, con la bocca
bevo limone: respirare è diventato complicato. Trattengo il fiato,
impugno la videocamera. Guardo in basso in cerca del pulsante rec,
mentre dribblo una buca. Ssha! - una saetta nebulosa manda in bianco
l’inquadratura. I miei occhi sono quelli del monitor lcd: osservano la
scena ad altezza d’uomo. Questa è Roma, ma non è Roma, è una guerra, no,
un film di guerra: scenografia, fotografia e direzione delle comparse è
troppo perfetta! Mi fermo. Abbasso il braccio-digitale. E la realtà
ruggisce. Immobile, occhiali appannati, bandana bagnata: respiro come
Darth Vader...cazzo sto cinema mi perseguita! Shaa! - stavolta è acqua
urticante, fuggo, butto la videocamera nello zaino [...] dov’è la
videocamera?
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mercoledì 6 luglio 2011
Be Water, Be Fire!
Puff - Sono tornato! Il vento del cambiamento ha soffiato anche in casa Nexus e dopo 10 giorni off line gentilmente offerti da "Bast-web", posso finalmente cantare questi ultimi giorni di water & fire.
Prima l'acqua, quella del mio primo assolo ispirato dal grande Bruce Lee. "Be water my friend" è una delle frasi celebri in cui Bruce verbalizza il suo approccio filosofico alla disciplina della vita. Essere acqua significa non-essere e per questo essere-tutto, perchè sciolti i legami dell'Io, siamo pura molteplicità, puro slittamento molecolare, azione pura ed efficace sulla realtà. Insomma:"Sta mano pò esse piuma, o pò esse piombo" come direbbe Mario Brega. Ancora una volta: cinema, bboying e filosofia s'intrecciano e ne esce...

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Fiat Uno R.I.P. |
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giovedì 26 maggio 2011
Balla con noi - Let's Dance

Italia, 2011
Regia: Cinzia Bomoll
Con: bboy Nexus, Rohan, Kacyo, Blast, Cico,
Venerdi, ésce! Dopo quasi 2 anni di attesa, il primo street dance movie all'Italiana atterrerà al cinema. Una jam cinematografica composta da Urban Force, De Klan, Flavor Kingz, Cico (per il b-boying) e Tree Boo, Stop Requested, Moreno Mostarda, Paolo Aloise (per lo stand up). Ma il cinema non è realtà, è magia. Il film non è certamente il The Freshest Kids italiano ma avrà la capacità di mostrarvi una scena "alternativa" niente male: io e Cico nella stessa crew (i malefici Nasty Monkees); Blast che scoatta in smoking & lambretta; Kacyo con le orecchie da scoiattolo. Ok basta ridere! Perchè i bboy sullo schermo se le daranno - come sempre - di santa ragione, lasciando spazio anche a qualche "emozione umana" che non trapela spesso nei nostri footage su YouTube. Più notizie? Andate qui per una mia intervista più completa....Siete già di fronte al cinema!? Venerdì ésce!
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domenica 24 aprile 2011
A Pasqua col Machete
Usa, 2010
Regia: Robert Rodriguez
Dopo Pasqua l'unico a risorgere dalle ceneri sarà Danny Trejo e il suo machete. Robert Rodriguez ce l'ha fatta: trasformare un trailer da quattro soldi in un vero lungometraggio. Si perchè come a cena, prima viene l'antipasto (un finto teaser apparso in Planet Terror), poi seguono i piatti da portata che si chiamano Steven Seagal, Robert De Niro e Jessica Alba. Tutti radunati dal crudele regista texano per un carnevale noir sotto il sole del Messico.
Le immagini di Machete - identiche in tutto a quelle del 2007 - vengono incollate fra loro con uno spruzzo di colla narrativa e via col gioco. Come nel più avanzato dei plug&play, il film si autoinstalla nell'immaginario dello spettatore tarantiniano e formatta ogni byte di verosimiglianza. Loading...
Il gioco parte con un prequel degna dei migliori anni'70 con una corsa mortale in automobile, teste mozzate, bambole mozzafiato e melodramma latino. Anni dopo. Machete il rinnegato, l'eroe bastardo ha un ultima chance per assaporare l'adrenalina del passato, per redimersi ed esorcizzare la tragedia familiare. Tradimento! Budella come corde - boom! - sesso, tequila e sorrisi elettorali - boom! - lame e sangue e rivoluzione e boom! Benedetta rivoluzione.
Il gioco parte con un prequel degna dei migliori anni'70 con una corsa mortale in automobile, teste mozzate, bambole mozzafiato e melodramma latino. Anni dopo. Machete il rinnegato, l'eroe bastardo ha un ultima chance per assaporare l'adrenalina del passato, per redimersi ed esorcizzare la tragedia familiare. Tradimento! Budella come corde - boom! - sesso, tequila e sorrisi elettorali - boom! - lame e sangue e rivoluzione e boom! Benedetta rivoluzione.
Suggerimento di lettura: guardate a Machete come un dipinto informale di Pollock o Burri, lasciatevi suggestionare dalla giustapposizione dei colori, dal ritmo visuale, da quelli che Bellour chiama "choc percettivi": uno spruzzo di sangue, il fuoco diabolico di un esplosione, il canion di rughe della faccia di Trejo. E' li forse che risiede il valore artistico di tutta un'operazione che se presa in maniera letterale rischia di diventare la solita trashata da nostalgico del brutto. Rodriguez, come Tarantino o Snyder, hanno fatto del visuale il paradigma stilistico su cui misurare e veicolare contenuti che vanno aldilà del così detto "tema del film". Insomma: fuck the story and think to the rest.
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domenica 3 aprile 2011
Sucker Punch
Sucker Punch
Usa, 2011
Regia: Zack Snyder
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Nella teoria dei Mondi Possibili, Lobimir Doležel afferma che per fruire una narrazione abbiamo bisogno di stipulare un rapporto di fiducia fra un testo e il micromondo da lui raccontato. Ecco perchè, se questo non accade, un film come Sucker Punch risulta ridicolo. Se non entriamo nell'impossibile mondo di Baby Doll, schizofrenica ventenne candidata alla lobotomia che sogna l'evasione, ma soprattutto in quello di Zack Snyder, regista di Watchmen e di 300, il gioco a scatole cinesi del film risulta ridicolo. Sempre Doležel, parla di mondi autodistruttivi ("self-voiding text") quando un determinato testo o immagine è concepibile quel tanto che basta per rendersi inconcepibile. Vi siete persi? Ecco un esempio visuale che ricorre spesso anche in Sucker Punch.
L'illusione dell'immagine-specchio è applicata con superbo virtuosismo almeno in due momenti del film: 1) Quando Baby Doll guarda nel buco della serratura la scena della violenza a sua sorella (che si replica sul riflesso della sua iride); 2) Nell'avventura per recuperare il coltello quando le nostre bad girls affrontano i pistoleri robot (le cui superfici metalliche offrono ampi giochi di specchi). L'effetto speciale è davanti ai nostri occhi, eppure rimane inaccessibile. Se la "morale" assai banale del film è - "con la fantasia anche l'impossibile diventa possibile" - la sua estetica conferma il contrario, ovvero che quando tutto sembra possibile, si rivela inconcepibile (ad esempio che l'attrice protagonista abbia l'espressività della mia caffettiera). E allora dov'è la verità? Negli scontri funambolici con robot samurai? Nelle trincee degli zombie-nazisti? Nel castello del drago (infelicemente simile a quello di Shrek) o nella mente di Baby Doll che sogna di sognare?
Affidiamo la risposta al paradosso di Smullyan:"Sono solipsista, come tutti".

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