venerdì 1 gennaio 2010

Sherlock Holmes

Sherlock Holmes
Usa, 2010
Regia: Guy Richie






Decidiamo di prendere una boccata d'aria cinematografica dopo l'inaugurale sbronza di fine anno. Ridotti all'ultimo minuto e dopo una surfata in autostrada, giungiamo al cinema. In ritardo. Il prossimo spettacolo è fra un'ora. Aspettiamo e aspettiamo.


Se vi aspettate un'umida e nebbiosa Londra dell'ottocento; se vi aspettate enigmi e deduzioni brillanti; se vi aspettate pipa e lente d'ingrandimento: troverete esattamente tutto questo. Ma attenzione:"Non c'è miglior diversivo dell'ovvio" - ammonisce Sherlock Holmes.
Dopo essersi ripreso dal mefistofelico trip di RocknRolla, Guy Richie si confronta per la prima volta con la letteratura. Un vero "sporco" lavoro poichè si tratta di uno dei personaggi chiave dell'immaginario londinese. Il tono però non cambia e l'inchiostro si scioglie nel sangue. Unendo il noir al kung-fu movie (ma non l'aveva già fatto Tarantino?) in questo film è la voce al centro dell'ingranaggio diegetico. Sin dall'inizio, la parola di Scherlock è d'evocazione: evoca-un-azione che puntualmente si verifica. A volte ci porta indietro e lavorando d'immaginazione ci permette di "ritornare al futuro" illuminati. In gergo cinematografico si chiama rimonta (un dettaglio apparentemente ininfluente che più tardi acquista significato) ma Scherlock-Richie con la sua voce solleva il dubbio: non sarà l'interpretazione (la voce) che genera i fatti (l'immagine)? E infatti alla fine della storia, il vero mistero rimarrà proprio "una voce".
In ogni caso, lo stile è inconfondibile: montaggio e colonna sonora in contrappunto serrato, picchiaduro subacquei, humor nero e tanti forse troppi flashback. Per la serie: "I dettagli fanno la differenza" - il lavoro a braccetto fra scenografo e costumista e le "lniguacce" coloriste della fotografia hanno un peso enorme sulla buona riuscita del film. E' grazie a loro che si smussa un "preistorico" Scherlock (asociale, trasandato, irriverente) che insieme al fido Watson (Jude Law) e alla fatale Irene (Rachel McAdams) sembrano uscire dalle pagine di Alan Ford (Robert Downey Jr. come il conte Olivier) piuttosto che quelle di Sir Arthur Conan Doyle.
Ma attenzione. Non fermiamoci alla banale ipotesi che Scherlock Holmes sia un semplice prestanome per la messa in scena delle situazioni "alla Guy Richie". La forma del suo Scherlock ante "letteram" forse si rivela ribaltando una celebre frase tratta da Il segno dei quattro:"Quando hai eleminato il possibile, qualsiasi cosa resti, per quanto probabile, deve essere fantasia".

Usciamo dalla sala intorpiditi e accaldati. Salendo in macchina una fragranza di uva e lavanda mi stritola il cervello:"Niccolò - dico - ti avevo detto di non lasciare il bicchiere di vino accanto all'Arbre magic!".

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