venerdì 24 settembre 2010

Pulp Fiction

Pulp Fiction
Usa - 1994
Regia: Quentin Tarantino
Con: John Travolta, Samuel L. Jackson, Tim Roth,
Bruce Willis, Uma Thurman
Leggi qui la trama







Sembra che chiunque intorno a me non conosca Pulp Fiction, o che ne abbia al massimo un misero sfocato ricordo. Com'è possibile tuttociò?! Davvero la generazione "dal 90 in poi" non va in giro con un santino di Tarantino in una tasca e una pagina di "Ezechiele 25,17" nell'altra?! Ho deciso di porre rimedio a questo deficit culturale inaugurando una nuova sezione del blog chiamata "Da vedere". Ogni settimana un film da vedere (con relativo commento) per comprendere meglio in che razza di mondo viviamo.

Secondo me questo film ha lo stesso valore del manuale di semiologia di Roland Barthes: senza Pulp Fiction non possiamo sincronizzarci con i codici della realtà contemporanea. Perchè, direte voi? Perchè decifrando il modo in cui Tarantino mette in scena le sue situazioni (far esplodere la testa di tizio in un auto in corsa, rianimare la moglie del boss entrata in overdose, ritrovarsi prigionieri di stupratori sadici al fianco del proprio peggior nemico ecc.) noi decifriamo un pò di noi stessi, del perchè quando nostra nonna vede rotolare una testa mozzata e gira lo sguardo, noi ci alziamo dalla sedia e diciamo "cazzo figo! ancora!".

Freniamo un attimo. Tarantino in realtà non ha inventato nulla (e questo lo dicono in molti) ma i suoi modelli sono tutt'altro che "splatter". Si parla spesso del suo rapporto feticistico con i film di serie B, quelli della Blaxploitation e del polizziottesco anni '70, ma pochissimo (forse perchè meno "squisitamente terra terra") di quello con i Serial Queen degli anni '10 e del Family Melodrama degli anni '50. Come? Non avete mai guardato un film hollywoodiano del 1912 con protagonista un'eroina femminile che tenta di emanciparsi dalla cultura patriarcale a cui è sottomessa? Non avete mai riso a un film di Frank Capra e pianto in qualche finale di riunione familiare?...Bah, nemmeno io eppure Tarantino è anche li, a rubare senza farsi vedere, a raccontare la storia del cinema facendo cinema (cari cinefili, non accade lo stesso in Histoire du Cinema di Godard?).

Non possiamo considerare Tarantrno un regista, ma un fenomeno contemporaneo.
Quentin: il ragazzo che lavorava in un videonoleggio e che deve il successo del suo primo film (Le Iene) proprio grazie alla distribuzione in home video. Fiumi di nastri VHS sono passati da quel 1994 in cui Pulp Fiction vinse il festival di Cannes e lanciò Uma Thurman risuscitando John Travolta.

Il noleggio, lo scambio, la masterizzazione, il download, la "nerdizzazione" totale, il Culto. E cosa c'è al centro di ogni grande culto? Il nulla. Ma come - direte voi - Tarantino è il regista delle citazioni, l'uomo dai mille segreti, il cineasta dai mille collegamenti nascosti! Esatto ma il cuore politico (e marxista) di Tarantino non si trova nel significato delle sue citazioni, ma nella loro messa in scena. Come dice Zizek, è ora di guardare a registi come Tarantino con un approccio "materialista". Invece di cercare, da bravi intellettuali di sinistra, il segreto dietro alla forma (cioè dietro alle citazioni tarantinane), guariamo negli occhi la forma stessa e analizziamo in superficie gli echi, i riverberi, le assonanze tra un film e l'altro (e chiediamoci semmai: perchè la katana è più figa della motosega?). Accettando ciò, accetteremo Tarantino, accetteremo il cosi-pallosamente-detto "post-moderno" non come l'epoca della perdita dei significati bensì, al contrario, come il ritorno (pericolosissimo) dei contenuti attraverso la pura e semplice messa in scena della forma.


Ok, non ci avete capito nulla ma vedendo e ri-vedendo Pulp Fiction le cose miglioreranno. Il mio compito adesso sarà mettere in pratica ciò che ho scritto e proporre, ogni settimana, un film che faccia da eco, riverberi le immagini del film precedente e così via fino a formare una rete di audiovisioni che possa ispirarvi in quel musical tragicomico che è la vita.

7 commenti:

  1. bhe, diciamo che non è altrettanto facile starti a seguire quando ti perdi nel tuo mondo "cinefilo"; tuttavia riesco a percepire in pieno la tua tesi.
    cercare un approccio materialista è una delle poche situazioni ,in cui, realmente possiamo trarre conclusioni ,sulla propria vita, da un film.
    bella brother aspetto il film "davedere" la prossima settimana!!!
    peace

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  2. "raccontare la storia del cinema facendo cinema"

    Quentin Tarantino è tra i miei registi prediletti e credo che questa definizione sia perfetta. Ma devo dire pure io mi ero concentrato sul suo recupero dell'immaginario B-movie rivitalizzato e reinventato, Frank Capra non l'avevo colto.
    comunque per me Tarantino più che un fenomeno rimane un ottimo regista con un suo universo poetico, un suo stile ben definito, citazionista e inconfondibilmente "personale" al tempo stesso.

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  3. @ Paolo1984
    Grazie per il commento.Tarantino è uno di quegli autori che o piace o fa schifo. A chi piace, piace come "cult", a pochi piace come autore. L'errore di molti credo sia nell'aver scambiato la fonte delle sue citazioni (letteralmente la spazzatura cinematografica) come una sorta di fonte universale per sviluppare una cultura cinematografica. Come per Duchamp, Tarantino utilizza gli "urinatoi" del cinema, ma conosce bene tutto il resto. Arriva alla spazzatura dopo un percorso personale e collettivo, in cui l'Hip Hop a mio avviso si inscrive. Chi segue l'Hip Hop e Tarantino non si dovrebbe accontentare della "strada", ma compiere il percorso inverso, e dal basso risalire verso l'alto.
    Un libro uscito l'anno scorso che offre nuove tracce d'analisi su Quentin è "Quentin Tarantino" a cura di Vito Zagarrio.
    Peace.

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  4. Bellissima recensione. Anch'io mi considero un grande fan di Tarantino, ho visto e rivisto tutti i suoi film e sono delle vere e opere d'arte. Cosa si può dire della pseudo-cenerentola in "Bastardi senza gloria"?
    Comunque non capisco in che modo Tarantino può essere considerato marxista. Ditemelo perchè sto per riguardarmeli tutti un'altra volta =)

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    Risposte
    1. Tarantino non è certamenete una marxista nel pensiero, ma qualcuno che guarda alla "circolazione delle forme" così come Marx guardava alla circolazione della merce/forza-lavoro.
      ***
      Si tratta dell'aspetto "figurale" del cinema e segue un philum che va da Ejzenstejn a Barthes a Deleuze sino a Bellour e Zizek. Con "figurale" si intendono tutte quelle forme-materie che eccedono la significanza/contenuto e determinano un forte impatto emotivo. Me ne sto occupando in una ricerca su Carmelo Bene che spero darà i suoi frutti.
      ***
      Nella pratica: prova a riguardare i film puntando l'attensione sul "ritmo-visivo". Stacchi di montaggio, ridondanza di colori e gesti, contrappunti musicali, linee e campi preponderanti. In Tarantino ricorre molto l'accostamento nero-bianco-rosso (almeno nei primi film), ma lo ritroviamo anche in Inglorious Basterdz mi pare.
      ***
      A proposito del post-moderno, aggiungo: è vero che ha decretato il riscatto delle forme, ma spesso è diventato un gioco da bamboccioni. Per salvare Quentin da questa impasse è veramente il caso di analizzarlo filosoficamente a partire dal figurale.

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  5. Devo ammettere che questo argomento mi affascina molto. Provo a vedere se ho capito: in qualche modo non si studia il contenuto in se del film, ma il suo linguaggio e in qualche modo l'estiteica. Forse dico scemenze, ma questo argomento riguarda la semiologia cinematografica?

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  6. No, è l'opposto della semiotica o - per alcuni - il suo punto di arrivo. Il "figurale" è tutto ciò che va oltre la simbolizzazione, che eccede l'informazione, che emoziona senza passare per il contenuto, che scivola sulla superficie della forma, ci riporta alla materia non al contenuto.
    ***
    Analizzare il film diventa come analizzare una danza o una musica.

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