Ieri su wikipedia ho cambiato la storia di Afrika Bambaataa. Ho sostituito un "1" al posto dello zero di 1980, per indicare la data esatta in cui Bam suonò per la prima volta a Downtown Manhattan, inaugurando così quella spericolata pandemia culturale che va sotto il nome di Hip Hop. Nell'aprile di quell'anno presso il Mudd Club di TriBeCa, un locale adibito a galleria d'arte sotto la direzione di un giovane Keith Haring, Fab 5 Freddy e Futura 2000 radunarono i migliori graffiti artist e hip-hoppers del Bronx e li fecero incontrare col nocciolo duro della new wave newyorkerse. Sebbene fosse un'occasione imperdibile, a Bam rodeva ancora per la pubblicazione del suo Zulu Nation Throwdown, falsata dall'inserimento di un riff strumentale ad opera di Paul Winley, il suo produttore di Harlem. Bam e i Soul Sonic Force avevano puntato su un beat espressamente sintetico, pneumatico, e le chitarrine dell'Harlem Underground Band inserite da Winley non c'entravano proprio un cazzo. Fatto sta che Bam suonò lo stesso quel pezzo e la gente andò su di giri e Fab 5 Freddy, strizzando probabilmente l'occhio ad Haring, promosse altre serate del genere a Manhattan. Ringalluzzito dalla faccenda, Bambaataa si mise a lavorare ad un nuovo pezzo con la neonata Tommy Boy, che l'anno successivo avrebbe sancito il punto di non ritorno nella storia dell'Hip-Hop: Planet Rock.
mercoledì 31 dicembre 2014
lunedì 22 dicembre 2014
«How to Build a Scene Vol. 2»: è ora di farlo in #Communia
8 anni fa, dove oggi macina soldi Eataly, si frullavano passi di breakdance. Quando giunsi a Roma con l'obiettivo di spaccare tutto, il punto d'incontro della scena era infatti l'Air Terminal, l'ala periferica della stazione Ostiense, cattedrale della speculazione edilizia dei mondiali di Italia 90. Là dentro, lontano da ogni riflettore, prendemmo ad organizzare un evento chiamato SPQR Underground, un contest di breakdance 1vs1 completamente autogestito dove il vincitore raggranellava i soldi delle iscrizioni e, insieme al secondo e al terzo classificato, componeva la giuria dell'edizione successiva. Ricordo un'edizione con più di cento persone, con una grande partecipazione della scena napoletana. YouTube era appena nato e spulciando nella rete sono sicuro troverete qualche contributo. Ad ogni modo, sul finire del primo decennio 2000, l'Air Terminal chiuse improvvisamente i battenti. Da allora, diaspora: la scena romana non ha più avuto uno spazio di riferimento fisso.
Lo scorso 29 Novembre, presso lo spazio di mutuo soccorso Communia, con Urban Force abbiamo deciso di riportare in vita l'SPQR. Circa 16 b-boy (e ahimè nessuna b-girl) si sono dati battaglia per contendersi il titolo più underground di Roma. Dai 15 ai 30 anni, il battle ha visto scontrarsi generazioni e approcci diversi, portando al primo posto del podio Jordi (Free Stepz), seguito da Plasm e Side, che - come da regola - avranno l'onere e l'onore di organizzare e giudicare la prossima edizione.
Questo 29N ha sancito anche il ritorno di «How to Build a Scene», il percorso di incontro e autorganizzazione della scena romana di street dance intrapreso ad ottobre al Raw Muzzlez Anniversary, e di cui potete leggere un report qui. Per oltre 2 ore, circa una quarantina di persone sono rimaste letteralmente incollate sul tappeto a scacchi per raccontare e raccontarsi la propria esperienza della "scena". Insieme allo zoccolo duro del breaking romano, c'era anche Serio, b-boy e dj storico della capitale, e gli esponenti di Califostia Underground, un progetto hip hop di riappropriazione della strada che coinvolge street dancer di molteplici stili. Quello che segue è il report di questo denso incontro, che non riflette l'andamento cronologico della discussione, ma tenta piuttosto di tirarne le somme, favorirne le future ramificazioni e, nel finale, rilanciare un nuovo incontro.
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