lunedì 22 dicembre 2014

«How to Build a Scene Vol. 2»: è ora di farlo in #Communia

8 anni fa, dove oggi macina soldi Eataly, si frullavano passi di breakdance. Quando giunsi a Roma con l'obiettivo di spaccare tutto, il punto d'incontro della scena era infatti l'Air Terminal, l'ala periferica della stazione Ostiense, cattedrale della speculazione edilizia dei mondiali di Italia 90. Là dentro, lontano da ogni riflettore, prendemmo ad organizzare un evento chiamato SPQR Underground, un contest di breakdance 1vs1 completamente autogestito dove il vincitore raggranellava i soldi delle iscrizioni e, insieme al secondo e al terzo classificato, componeva la giuria dell'edizione successiva. Ricordo un'edizione con più di cento persone, con una grande partecipazione della scena napoletana. YouTube era appena nato e spulciando nella rete sono sicuro troverete qualche contributo. Ad ogni modo, sul finire del primo decennio 2000, l'Air Terminal chiuse improvvisamente i battenti. Da allora, diaspora: la scena romana non ha più avuto uno spazio di riferimento fisso.

Lo scorso 29 Novembre, presso lo spazio di mutuo soccorso Communia, con Urban Force abbiamo deciso di riportare in vita l'SPQR. Circa 16 b-boy (e ahimè nessuna b-girl) si sono dati battaglia per contendersi il titolo più underground di Roma. Dai 15 ai 30 anni, il battle ha visto scontrarsi generazioni e approcci diversi, portando al primo posto del podio Jordi (Free Stepz), seguito da Plasm e Side, che - come da regola - avranno l'onere e l'onore di organizzare e giudicare la prossima edizione.

Questo 29N ha sancito anche il ritorno di «How to Build a Scene», il percorso di incontro e autorganizzazione della scena romana di street dance intrapreso ad ottobre al Raw Muzzlez Anniversary, e di cui potete leggere un report qui. Per oltre 2 ore, circa una quarantina di persone sono rimaste letteralmente incollate sul tappeto a scacchi per raccontare e raccontarsi la propria esperienza della "scena". Insieme allo zoccolo duro del breaking romano, c'era anche Serio, b-boy e dj storico della capitale, e gli esponenti di Califostia Underground, un progetto hip hop di riappropriazione della strada che coinvolge street dancer di molteplici stili. Quello che segue è il report di questo denso incontro, che non riflette l'andamento cronologico della discussione, ma tenta piuttosto di tirarne le somme, favorirne le future ramificazioni e, nel finale, rilanciare un nuovo incontro.    


***

Vinile o non-vinile questo è il dilemma.
Ricercare e collezionare vinili era una pratica culturale degli esponenti della cultura hip hop, non strettamente dei dj's. Metteva alla prova la volontà di conoscenza, stringeva legami sociali e tramandava la prassi dei primi dj del Bronx. Nell'epoca del Serato e dello streaming a banda larga, la "generazione del vinile" sembra essersi scollata da quella attuale. Ciò si riflette anche nella danza urbana, influenzando non solo i gusti musicali, ma anche l'approccio al ballo, alla cultura e persino all'abbigliamento. Ma piuttosto che rivendicare un illusorio ritorno alle origini, rischiando di imporre dogmi normativi che irrigidiscano l'evoluzione della cultura, si è preferito insistere sull'approccio comunitario e positivo verso le pratiche hip hop, evidenziando come, anche attraverso approcci diversissimi, molti e molte di noi partecipano e contribuiscono da anni allo sviluppo della medesima scena.      


Dio è morto, Crash Kid è morto e anch'io mi sento poco bene.
La generazione a cavallo del nuovo millennio è cresciuta attorno a un vuoto. Lo scollamento con i "delusi" dalla nuova scuola e la scomparsa dalle scene, metaforica o letterale, di elementi di spicco della old school (fra tutti, qui a Roma, Crash Kid, che venne a mancare nel 1997), ha rappresentato per molti e molte di noi una scalata in solitaria. Da un lato siamo incappati in trappole e misconoscimenti che hanno diviso e indebolito la scena, dall'altro abbiamo sviluppato un senso di responsabilità e affettività per la generazione presente e futura. Se in passato, chi era in odore di 30 appendeva le sneaker al chiodo, oggi non è più così. Dopo anni di negoziazione del trauma, siamo in grado di rinsaldare un filo inter-generazionale che assicuri ai neofiti di partire da quella piattaforma di lancio che a molti di noi è mancata. È il momento inoltre di abbattere i muri fa il mondo dei b-boy e il ghetto delle b-girl, che vantano e rivendicano la maturità e le capacità di fare scuola, e di farlo "al femminile". In virtù di questa continuità, il principio "each one teach one" può davvero guidarci per diventare corresponsabili dell'andamento della scena, senza lasciare indietro nessuno. 

Più di una crew: un progetto.
L'ultima parte dell'incontro ha visto protagonista Califostia Underground, un progetto Hip Hop situato prevalentemente ad Ostia che comprende street dancer provenienti da diverse crew e generazioni. Attraverso la promozione di eventi "in strada", la realizzazione di spettacoli e la produzione di reportage video, i Califostia si sono confrontati sui temi dell'autoproduzione, della promozione culturale e sociale dal basso e sul modo di vivere l'Hip Hop e la strada in maniera inclusiva e positiva. E' emersa quindi la necessita di trovare una strategia organizzativa affinché i diversi soggetti della scena siano da un lato aggiornati riguardo ai reciproci progetti e iniziative, e dall'altro si uniscano fra loro per sviluppare progetti più complessi legati all'approfondimento culturale e stilistico, alla promozione di eventi e luoghi genuinamente underground e allo sviluppo di esperienze analoghe a quelle di Califostia, che sappiano incanalare la forza della scena per fini sociali e comunitari.


***

Il collettivo di Communia è rimasto folgorato dalla passione e dalla genuinità emanate dalla nostra assemblea. Si tratta di un processo di autorganizzazione e confronto orizzontale che, a memoria dei presenti, non si era mai verificato nella storia dell'Hip Hop italiano. Una comunità, la nostra, che è certamente minoritaria a livello territoriale ma che vanta una storia e una ramificazione planetaria senza precedenti. Il potenziamento stilistico e culturale delle quattro discipline Hip Hop sommato alla dedizione decennale con cui molti e molte di noi si sono spesi/e per la scena, offrono oggi la possibilità di risvegliare una dimensione assopita, che è stata parte integrante delle origini di questa cultura: quella di movimento.


Per questo Communia ci invita ad organizzare un evento mensile (preferibilmente serale) da poterci autogestire in base alle nostre esigenze. Al contrario della consueta "regalia" offertaci da spazi privati o da associazioni pseudo-sociali e gerarchiche, a Communia abbiamo la possibilità di negoziare un nostro percorso e confrontarci con altre realtà che rivendicano come noi il diritto a riappropriarsi della "cultura di strada", in maniera positiva e partecipativa.


Invitiamo le persone presenti all'assemblea di Communia (o a quella precedente, presso il Ponte della musica), ad incontrarci il prima possibile per elaborare un progetto di serate che partirà da gennaio con cadenza mensile. Potete comunicare la vostra adesione e le date in cui siete disponibili, contattandomi in privato o lasciando un commento qui sul blog.


Com'on fellas: 
let's build it!


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