giovedì 24 aprile 2014

Attack on Titan: resistere è un'esplorazione

Appiccicarsi coi Giganti non è cosa da nulla. Sono terrificanti, essi. Infatti i "titani" partoriti dalla matita di Hajime Isayama e trasposti in video dal Wit Studio, ci mangiano. Appaiono all'improvviso: occhi d'una innocenza ebete, nudità evirate del proprio sesso: corrono, ti afferrano e gnam! - sai già dal primo episodio come andrà a finire. I tuoi compagni verranno divorati, uno dopo l'altro, senza ragione (tranne quella della pulsione a divorare, smembrare e godere del dolore altrui). Nel medioevo steampunk di Attack on Titan, l'umanità si è cinta all'interno di 3 muraglie concentriche (Maria, Rosa e Sina), ma dopo un secolo di protezione coatta, un enorme gigante apparso dal nulla penetra all'interno di Maria, ed è il caos. La popolazione è decimata, le milizie umane massacrate e occorre addestrarne al più presto di nuove, a partire dai ragazzini sopravvissuti, o sarà la fine.


Fra di loro c'è il rivoltoso Eren e la gelida Mikasa, due giovani uniti da un'infanzia a dir poco sanguinaria. Il loro addestramento li porta a far parte del corpo degli esploratori, il ramo militare che rischia le chiappe all'esterno delle mura cercando di raccogliere informazioni sulla natura dei titani. I due diventano maestri del Rittai Kidō Sōchi, un marchingegno alimentato a gas che permette di volteggiare agilmente sfruttando un sistema di corde e rampini. Solo indossando questo "dispositivo per le manovre in 3D", gli esploratori possono sperare di colpire l'unico punto debole dei giganti: un lembo di carne posizionato poco al di sotto della nuca, la cui evirazione decreta l'immediata polverizzazione del mostro.

sabato 12 aprile 2014

"Se ti piace l'Hip Hop, devi volare a New York": Note da New York (Vol. 2)

Bassi Maestro rappava: "Se ti piace l'Hip Hop, devi volare a New York". A circa 40 anni dai primi block party, e 7 dal mio primo atterraggio nella East Coast, sta' Grande Mela è tutt'altro che succosa e una volta sbucciata, rivela un vuoto endemico che attribuiresti invece alla più riuscita delle "rosette".

E' stato un inverno catatonico, il più stronzo degli ultimi 15 anni. In assenza di tempeste di neve si formava il ghiaccio, in assenza di ghiaccio - splash! - maestose pozzanghere che una volta evaporate, lasciavano nuovamente campo libero alla neve. In queste condizioni, di fare cerchio in strada non se ne parla. La cartolina sovraesposta dell'estate ballereccia a Union Square 2007, è crivellata da una serie di istantanee del sottosuolo invernale 2014: sempre in notturna, sempre musicale, sempre spalleggiato da sguardi persi nel vuoto. Non rimane che tuffarsi nei club. Scopro questa serata con Dj Red Alert & Jazzy Jay nel profondo Brooklyn. Tento il tuffo, in solitaria, sicuro che ad accogliermi ci sarà un oceano di gente. Un tonfo, fra i più pesanti. In questo locale sbocciato all'ombra della Brooklyn-Queens Expressway, fra un dedalo di autorimesse, siamo in tutto una decina di persone (compresi gli host). Ingresso libero, un'oretta di dj set svolgliato, un paio di canadesi increduli quanto me e poi tutti a casa. La consapevolezza che qualcosa non quadra giunge come una sferzata di vento gelido, lo stesso che allieta la mia attesa sulla banchina sopraelevata al capolinea della linea G, nel Queens, quando mi risveglio alle 3 di notte e il treno ha  superato abbondantemente la fermata di casa. Freeze!
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