"Questo è un b-boy, questa è una b-girl". Ripetete la frase mentalmente, ad occhi chiusi. E' probabile che nella vostra mente si formi l'immagine evanescente di un b-boy e di una b-girl. Non si tratta di un'immagine vera e propria ma di un concatenamento di volti, movimenti, vestiti, luoghi e "inquadrature" che formano un abbozzato prototipo di b-boy e di b-girl. Bene, ora aprite gli occhi. Cercate un'immagine o un video di breaking risalente a circa quindici anni fa. La cosa più semplice è cercare sul web, ma potete anche riesumare una vecchia fotografia o mettere su un DVD (o addirittura un VHS!). Attenzione, ora arriva il difficile: confrontate l'immagine degli anni 90 con quella che avete visualizzato mentalmente. Il metodo migliore è sovrapporre l'immagine percepita nella realtà con quella immaginata. Cosa è successo? Le immagini coincidono, oppure no? Quella della b-girl sì, quella del b-boy no, o viceversa? Se sì, la vostra coscienza immaginativa (così la chiamava Jean-Paul Sartre nel 1940) è rimasta grossomodo stabile. Se no, la vostra immaginazione ha subito un cambiamento. In entrambi i casi emergere la stessa domanda: sotto quali condizioni il mio immaginario cambia o rimane stabile?
domenica 23 febbraio 2014
venerdì 14 febbraio 2014
It's like a jungle (sometimes): un racconto Hip Hop sulla fine del governo Letta
L'anno scorso ho preso parte ad uno strano carosello di scrittori, attivisti, blogger, precari e "ciabattini culturali" che profetizzava la fine del governo Letta ad opera di un gigantesco meteorite. Il 10 agosto 2013 una gragnola di 100 racconti é detonata dal blog dei Wu Ming, invadendo la mediasfera sotto il nome di Tifiamo Asteroide.
Oggi, dopo che Letta é stato polverizzato dal bolide dirigenziale del PD, non rimane "una mostruosa voragine", bensì un ulteriore, ingombrante macigno di basse, mal-destre intese.
Per questo c'è bisogno di ri-evocare non 100, ma 100mila meteoriti che interrompano questa staffetta di accordi LateraRenzi esistenziale.
Qui sotto il mio racconto, ufficialmente intitolato "Sinergia" ma ricondotto furtivamente al titolo originariamente suggerito dal suo co-autore, ovvero: "It's like a jungle (sometimes)" ;-)
Qui sotto il mio racconto, ufficialmente intitolato "Sinergia" ma ricondotto furtivamente al titolo originariamente suggerito dal suo co-autore, ovvero: "It's like a jungle (sometimes)" ;-)
***
It's Like a Jungle (sometimes)
Don’t push me ’cuz I’m close to the edge
I’m trying not to lose my head
Uh huh ha ha ha
It’s like a jungle sometimes
It makes me wonder how I keep from goin’ under.
[Grandmaster Flash and The Furious Five, The Message]
Hai vissuto gli eventi più importanti degli ultimi 15 anni a testa in giù. Inizi il 31 dicembre 1999, quando alle ore 23:59:59 esorcizzi il millennium bug con un irriverente, quanto alcolico, salto mortale. Sei a gambe in aria durante i fatti di Tangentopoli, dell’11 settembre e di Genova 2001; sei sottosopra durante l’estinzione dei Craxi, degli Arafat, dei Wojtyła e dei Saddam; caracolli su te stesso, mentre i governi Berlusconi si alternano ai conduttori di Striscia la Notizia. Guerre imperialiste, strappi tecnologici, turbo-capitalismo e crisi: finanziaria, politica, esistenziale. Non ti gira la testa, perché sei tu a girarci attorno. Breakdance, quest’arte urbana vecchia di quarant’anni, anacronistica novità nell’immaginario collettivo. È il tuo pane quotidiano, in tutti i sensi. Da tempo immemore (in ogni caso non più di cinque anni) lavori presso via del Corso in Roma con la mansione di “artista di strada”. Il tuo core business consiste nell’intrattenere turisti e passanti in cambio di offerte “a cappello”. Le regole sono semplici, e sono due: 1. Chi primo arriva meglio alloggia; e 2. Le guardie hanno sempre ragione. Anche questa volta, allo scoccare dell’Evento, stai compiendo un headspin (aka giro-sulla-capoccia) sul marciapiede di fronte alla chiesa di Sant’Antonio. A pochi metri di distanza, presso l’aula conferenze di Montecitorio, Enrico Letta, capo del governo di larghe intese, annuncia l’inannunciabile. Primo piano a reti unificate: «Cari italiani e care italiane, il ministero della difesa, congiuntamente con quello degli esteri, ha giudicato fondata la notizia che nessuno di noi avrebbe voluto divulgare: un gigantesco sciame asteroideo è in imminente rotta di collisione con il territorio italiano. Il raggio, l’entità e la durata dei danni provocati da questo evento sono attualmente incalcolabili. L’unica notizia certa è che fra 344 giorni, 12 ore e 27 minuti si verificherà l’impatto...».
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domenica 9 febbraio 2014
Deframmentare il Sé: note da New York (Vol.1)
«San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci, si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera, si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta, volando.»
Nostra Signora dei Turchi
Carmelo Bene
Carmelo Bene
***
Frequento la maldestrezza da un paio di settimane: qui, nella città che non dorme mai.
Si planava raggianti. La vista lattea, al cospetto di una Costa Est in cui infuriava il bianco. Massicciate di bianco. Pozze di bianco. Grumi. L'atterraggio è questo zoom in avanti sul googlemaps dell'irreale. Fino allo screzio del pneumatico e il rollio verso la misura d'uomo. Il freddo che schianta i polmoni, il fetore ammaliante di glucosio e carne affumicata, i fantasmi, a sciami, dall'atterraggio di sette anni prima. Eccomi capitolare a New York, impreparato.
Quello di Brooklyn, è un risveglio al colesterolo tostato. Una, due, sette fermate: il riflusso di zucchero a velo non ti molla sino a Manhattan: il formicaio. Mi riscopro maldestro nel coordinare l'estrazione del biglietto con la rimozione dei guanti e il varco del tornello, mentre in balia della moltitudine non mi accorgo che la temperatura implode a - 11 gradi. Leggo, ballo, ascolto: maldestramente.
Quando si viaggia, bisogna farlo in maniera radicale. La prima cosa da fare è perdersi. E non intendo semplicemente perdere la strada, bensì perderSè-stessi, a partire dal nome. Ad esempio qui non esiste più "Giuseppe", bensì Jussìpi. Io-non-esisto, e non è un eufemismo. Pare che il nostro senso del Sé, la nostra coscienza, sia emersa grazie all'auto-stimolazione vocale che i primi esemplari di Homo Sapiens svolgevano nei momenti di solitudine. Parlando a Sé stessi, i primitivi permisero il collegamento fra aree del cervello non predisposte a comunicare dall'evoluzione biologica. Il linguaggio duqnue non serve solo a creare ragnatele verso l'esterno, ma anche a tessere la nostra mente. Rinnegare un nome o un'intera lingua, significa letteralmente deframmentare il nostro Sé. Ecco perchè quando ballo, passando dal pensiero-parola al pensiero-corpo, il mio Io non è più Io: si degrada.
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