In attesa della nuova puntata di FooDwork ecco il testo di riferimento con gli argomenti che tratteremo.
Shu-ha-ri.
E' la formula con cui gli attori del teatro Kabuki giapponese apprendono e sviluppano i kata. Ogni kata è una sequenza di movimenti fissi provenienti dalla tradizione: un modello base, una forma.
Shu è la fase di apprendimento dettagliato del kata.Ha è la fase di incorporamento del kata, per cui lo si può eseguire con spontaneità e naturalezza.
Ri è l'ultima fase, in cui ci si distacca dalla rigidità del kata, modellandolo.
Shu-ha-ri.
Inspiro-trattengo il fiato-espiro.
La rigida tradizione dei teatri asiatici può offrirci lo spunto per parlare del nostro approccio alla tecnica del b-boying, discpilina con nemmeno 40 anni di storia ma ormai globalizzata. Essendo un'arte ancora acerba e in via di definizione, il dibattito è fra coloro che vorrebbere lasciare libero spazio all'espressione personale e altri che ribadiscono l'importanza del legame con i prinicpi originali (foundation), di cui la tecnica dei movimenti del corpo è parte integrante. Di primo impatto verrebe da dire:"E' ovvio, lasciamo che ognuno si esprima come vuole (tesi progressista)! Perchè dovremmo imporre degli ostacoli tecnici alla nostra espressione personale (tesi reazionaria)?".
Possiamo incontrare una corrispondenza analoga con un diffuso atteggiamento nei confronti della vita nella cultura occidentale:"E' ovvio, lasciamo che ognuno si diverta come vuole! Perchè dovrei imporre dei divieti generali al godimento personale?". Finchè non calpestiamo "l'erba del vicino" (o ce la fumiamo!), tutto è lecito se così ci piace. Cresciamo con l'idea di andare via di casa per "fare quello che ci pare". Ed è giusto. Ma dal poter godere si è passati al dover godere. Nella società del divertimento obbligato (es. il rito del "sabato sera"), lungi da essere i protagonisti, ci ritroviamo ad essere un puntino insignificante della Massa. Così, siamo liberamente-obbligati a festeggiare il nostro "non-compleanno" come in Alice nel Paese dell Meraviglie.
Nei primi del novecento, con l'avvento del cinema e dei mezzi di comunicazione di massa, il teatro occidentale subì un notevole calo di pubblico che generò una profonda crisi espressiva. L'illusione della "quarta parete" non reggeva il confronto con quella dello schermo cinematografico. Sebbene potessero fare libero uso dell'impianto scenografico, della sceneggiatura, dell'interpretazione dei personaggi e dei costumi, la creatività degli autori occidentali era in stallo. Cosa fecero? Voltarono lo sguardo al rigido e codificato Teatro Asiatico, così legato alla propria cultura da non permettere agli artisti di esibirsi al di fuori del proprio paese. Tali artisti seguivano uno scrupoloso e lungo metodo di apprendistato che serviva ad assimilare una rigida grammatica dei movimenti associati a determinati stati d'animo. Gli autori Occidentali rimasero estasiati e profondamente colpiti nell'assistere a questi spettacoli nei quali, l'utilizzo di gesti e posture evidentemente anti-realistiche, riuscivano a trasmettere uno stato d'animo realistico, o meglio efficace, ai fini della rappresentazione. Rielaborando la lezione Asiatica, L'Occidente incorporò esercizi di training attoriale volti a preparare il corpo-mente dell'attore aldilà del ruolo e del genere di spettacolo assegnatogli.
Nel B-boying a mio avviso dovrebbe avvenire lo stesso. Le nostre foundation (i quali codici tecnici derivano da particolari condizioni culturali, storiche e ambientali) sono la materia dell'apprendistato, del training pre-espressivo, che permette al b-boy/b-girl di poter modellare liberamente il proprio ruolo artistico. E' interessante che ogni danza, in particolare, possieda degli equilibri, delle regole posturali di partenza, che determinano l'approccio del corpo alla materia artistica (nella danza classica il cosidetto "equilibrio di lusso"). Nel B-boying l'equilibrio viene portato all'estremo divenendo un dis-equibilibrio. Continuamente sospesi tra freeze e rotazioni attorno ad un punto del corpo, il b-boy/b-girl dovrebbe studiare e interiorizzare le tecniche base che hanno permesso lo sviluppo di questi movimenti caratteristici. Non i passi base in se (footwork, go-down, toprock ecc.), bensì i principi base attorno a cui ruotano tutti i movimenti e le succesive evoluzioni (rotazione attorno a un centro, cork and screw, baricentro in avanti ecc.).
---
Nell'ultimo film della saga di Batman, The Dark Knight, Harvey Dent alias Due Facce, incolpa Joker di aver orschestrato il piano che ha causato la morte della sua donna e lo ha sfigurato per il resto dei suoi giorni. La risposta di Joker fa al caso nostro:
Ecco un'efficace metafora per descrivere il rapporto fra la tecnica e un b-boy/b-girl. Essa non è il fine ("non sapremmo che farci" se ballassimo solo con i passi di foundation) ma la condizione senza la quale non saremmo spinti a superarla. Un superamento che non avviene a livello razionale ("ti sembro il tipo da fare piani?") ma a livello istintivo. Un'agire fuori dagli schemi che è possibile solo dopo averli interiorizzati a tal punto da renderli qualcosa di naturale (la fase "Ha" nell'apprendimento dei kata).* La teoria finto-progressista della libera espressione personale, vorrebbe abbattere il muro della tecnica per arrivare a "prendere la macchina" pensando di saperci fare qualcosa. Ma lo stesso Joker continua dicendo:"Sono un agente del caos. E lo sai qual'è il bello del caos? E' equo". Questa è un'utopia. Sappiamo tutti che l'arte, come la vita, non è equa. Come disse Ejzenstejn:"L'arte è conflitto" e l'unico stato di assenza di conflitto è la morte. La verità è che Joker (l'estro artistico) e la Legge che vorrebbe destabilizzare (foundation), dipendono l'uno dall'altro.
Per questo credo che ci saranno sempre gli anarchici e i fondamentalisti, i rivoluzionari e i dottori della legge, i calciatori e gli intellettuali ma che l'evoluzione della disciplina avverrà per mezzo degli anti-eroi che emergeranno dallo strappo fra questi due poli opposti: i cavalieri oscuri.
La rigida tradizione dei teatri asiatici può offrirci lo spunto per parlare del nostro approccio alla tecnica del b-boying, discpilina con nemmeno 40 anni di storia ma ormai globalizzata. Essendo un'arte ancora acerba e in via di definizione, il dibattito è fra coloro che vorrebbere lasciare libero spazio all'espressione personale e altri che ribadiscono l'importanza del legame con i prinicpi originali (foundation), di cui la tecnica dei movimenti del corpo è parte integrante. Di primo impatto verrebe da dire:"E' ovvio, lasciamo che ognuno si esprima come vuole (tesi progressista)! Perchè dovremmo imporre degli ostacoli tecnici alla nostra espressione personale (tesi reazionaria)?".
Possiamo incontrare una corrispondenza analoga con un diffuso atteggiamento nei confronti della vita nella cultura occidentale:"E' ovvio, lasciamo che ognuno si diverta come vuole! Perchè dovrei imporre dei divieti generali al godimento personale?". Finchè non calpestiamo "l'erba del vicino" (o ce la fumiamo!), tutto è lecito se così ci piace. Cresciamo con l'idea di andare via di casa per "fare quello che ci pare". Ed è giusto. Ma dal poter godere si è passati al dover godere. Nella società del divertimento obbligato (es. il rito del "sabato sera"), lungi da essere i protagonisti, ci ritroviamo ad essere un puntino insignificante della Massa. Così, siamo liberamente-obbligati a festeggiare il nostro "non-compleanno" come in Alice nel Paese dell Meraviglie.
Nei primi del novecento, con l'avvento del cinema e dei mezzi di comunicazione di massa, il teatro occidentale subì un notevole calo di pubblico che generò una profonda crisi espressiva. L'illusione della "quarta parete" non reggeva il confronto con quella dello schermo cinematografico. Sebbene potessero fare libero uso dell'impianto scenografico, della sceneggiatura, dell'interpretazione dei personaggi e dei costumi, la creatività degli autori occidentali era in stallo. Cosa fecero? Voltarono lo sguardo al rigido e codificato Teatro Asiatico, così legato alla propria cultura da non permettere agli artisti di esibirsi al di fuori del proprio paese. Tali artisti seguivano uno scrupoloso e lungo metodo di apprendistato che serviva ad assimilare una rigida grammatica dei movimenti associati a determinati stati d'animo. Gli autori Occidentali rimasero estasiati e profondamente colpiti nell'assistere a questi spettacoli nei quali, l'utilizzo di gesti e posture evidentemente anti-realistiche, riuscivano a trasmettere uno stato d'animo realistico, o meglio efficace, ai fini della rappresentazione. Rielaborando la lezione Asiatica, L'Occidente incorporò esercizi di training attoriale volti a preparare il corpo-mente dell'attore aldilà del ruolo e del genere di spettacolo assegnatogli.
Nel B-boying a mio avviso dovrebbe avvenire lo stesso. Le nostre foundation (i quali codici tecnici derivano da particolari condizioni culturali, storiche e ambientali) sono la materia dell'apprendistato, del training pre-espressivo, che permette al b-boy/b-girl di poter modellare liberamente il proprio ruolo artistico. E' interessante che ogni danza, in particolare, possieda degli equilibri, delle regole posturali di partenza, che determinano l'approccio del corpo alla materia artistica (nella danza classica il cosidetto "equilibrio di lusso"). Nel B-boying l'equilibrio viene portato all'estremo divenendo un dis-equibilibrio. Continuamente sospesi tra freeze e rotazioni attorno ad un punto del corpo, il b-boy/b-girl dovrebbe studiare e interiorizzare le tecniche base che hanno permesso lo sviluppo di questi movimenti caratteristici. Non i passi base in se (footwork, go-down, toprock ecc.), bensì i principi base attorno a cui ruotano tutti i movimenti e le succesive evoluzioni (rotazione attorno a un centro, cork and screw, baricentro in avanti ecc.).
---
Nell'ultimo film della saga di Batman, The Dark Knight, Harvey Dent alias Due Facce, incolpa Joker di aver orschestrato il piano che ha causato la morte della sua donna e lo ha sfigurato per il resto dei suoi giorni. La risposta di Joker fa al caso nostro:
"Ti sembro davvero il tipo da fare "piani"?...Lo sai cosa sono? Sono un cane che insegue le macchine. Non saprei che fare se le prendessi! Ecco io...agisco e basta."
Ecco un'efficace metafora per descrivere il rapporto fra la tecnica e un b-boy/b-girl. Essa non è il fine ("non sapremmo che farci" se ballassimo solo con i passi di foundation) ma la condizione senza la quale non saremmo spinti a superarla. Un superamento che non avviene a livello razionale ("ti sembro il tipo da fare piani?") ma a livello istintivo. Un'agire fuori dagli schemi che è possibile solo dopo averli interiorizzati a tal punto da renderli qualcosa di naturale (la fase "Ha" nell'apprendimento dei kata).* La teoria finto-progressista della libera espressione personale, vorrebbe abbattere il muro della tecnica per arrivare a "prendere la macchina" pensando di saperci fare qualcosa. Ma lo stesso Joker continua dicendo:"Sono un agente del caos. E lo sai qual'è il bello del caos? E' equo". Questa è un'utopia. Sappiamo tutti che l'arte, come la vita, non è equa. Come disse Ejzenstejn:"L'arte è conflitto" e l'unico stato di assenza di conflitto è la morte. La verità è che Joker (l'estro artistico) e la Legge che vorrebbe destabilizzare (foundation), dipendono l'uno dall'altro.
Per questo credo che ci saranno sempre gli anarchici e i fondamentalisti, i rivoluzionari e i dottori della legge, i calciatori e gli intellettuali ma che l'evoluzione della disciplina avverrà per mezzo degli anti-eroi che emergeranno dallo strappo fra questi due poli opposti: i cavalieri oscuri.
*: credo che siano da apprezzare sia coloro che stravolgono la tecnica rendendola invisibile agli occhi di un'osservatore inesperto, sia chi riesce a far trasparire la sua personalità artistica pur mantenendo visibilissima la tecnica base (come nel modello del teatro asiatico). Da un lato Crumbs (USA) dall'altro Ducky (Corea).