mercoledì 22 ottobre 2014

La Filosofia di #LcomeAlice: autoproduzione, ecologia del sé ed esistenzialismo steampunk

Alice nel paese delle meraviglie può rappresentare un paradigma di autoproduzione conflittuale? A distanza di 2 mesi dalla conferenza che ho svolto allo Steamfest di Roma, mi sembra che questa domanda condensi il succo del discorso. Con #LcomeAlice, il progetto di transmediale che abbiamo inaugurato lo scorso anno, stiamo sperimentando un percorso che leghi mutualmente la ricerca teorico-artistica alle forme di strategia politico-produttiva. In ballo c'è una concezione ecologica della soggettività collettiva e individuale. Invece di una storia, di Alice abbiamo generato un'archeologia che ricostruisse (e immaginasse) gli innumerevoli attraversamenti di cui è composto questo personaggio. Ci siamo accorti che la condizione frammentaria ma "esistenziale" di Alice, rispecchia quella dell'attore/autore e in primis quella della nostra coscienza soggettiva. Se dentro e contro il palcoscenico abbiamo deliberatamente piazzato delle trappole, a livello produttivo ci siamo mossi reticolarmente, co-determinando il lavoro tramite l'incontro creativo e politico con altri soggetti. Inoltre, attraverso l'attraversamento di più piattaforme media, vorremmo promuovere una concezione altrettanto ecologica di spettatore/trice: non più il soggetto cartesiano intabarrato nel buio della sala, ma un agente situato che deve esplorare #LcomeAlice come in un parco giochi, se vuole cavarne il senso dal buco (o un buco dal senso!).

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Qui sopra la registrazione della prima parte della conferenza, con annesse immagini e un'estratto dello spettacolo. Per una breve panoramica degli argomenti toccati, qui sotto trovate una divisione per capitoli tematici con relativo minutaggio. Buon divertimento e fatemi sapere cosa ne pensate! ;-)  

(02: 40) Intro: Aetheric Mechanics di Warren Ellis; (06:20) Esistenzialismo steampunk e Alice; (06:53) Fredrich Kittler e la macchina da scrivere di Nietzsche; (09:05) La coscienza come lanterna magica/camera oscura feat. Men In Black e robbottoni; (12:26) Carmelo Bene e il divenire-Watson; (14:00) Le trappole esistenziali di #LcomeAlice; (14:30) Lewis Carroll, la fotografia e storytelling transmediale ante-litteram; (18:33) Alice nel cinema feat. Walt Disney, Betty Boop, Alice Madness, Claude Chabrol, Jan Svankmajer; (21:00) La riattualizzazione della Fantasmagoria e del Pepper's Ghost in #LcomeAlice; (25:00) Steampunk, zombie media e materialismo; (26:48) #LcomeAlice: autoproduzione/gestione, hacktivismo e spazi sociali.       

sabato 13 settembre 2014

Conferenza su #LcomeAlice, prossimi eventi e l'infamoso libro sulla Breakdance


Warren Ellis vs Friedrich Nietzsche; Sherlock Holmes vs Carmelo Bene; Alice (quella della Disney) vs Alice (quella del Videogame); Lewis Carroll vs Antonin Artaud; Steampunk vs Teatro & Videoarte. E ancora: cyborg militanza, archeologia dei media, hacktivismo, cognizione incarnata, e tante, tantissime domande. Questa sarà la conferenza su L come Alice, il progetto di transmediale steampunk, che terrò domani 14 Settembre alle 18.00 presso lo Steamfest Roma, all'ex mattatoio di Testaccio.


In mattinata, sempre domani (!), svolgerò un workshop di breakdance in compagnia del resto della crew, Urban Forcepresso l'Energy Fitness Club di San Cesareo (Rm). La giornata sarà interamente dedicata alla breaking culture, e nel pomeriggio seguiranno sfide, showbattle e cerchi aperti. D'altronde il nome dell'evento è smoKING, un'abile gioco di terminologia slang per scovare chi fumerà (cioè batterà) il numero più alto di b-boy/g-girl, affermandosi come King o Queen della giornata.         

Inoltre ho ripreso la lavorazione del mio libro incentrato sulla storia della breakdance. A distanza di due anni dall'apertura dei cantieri, l'edificio narrativo è molto lontano dal suo completamento ma le fondamenta storico-stilistiche sono ben radicate. Probabilmente il titolo non sarà più quello proposto inizilmente (Be-girl), ma la protagonista rimarrà assolutamente una b-girl. Rimane anche la volontà di narrare una storia sotto forma di romanzo, anziché propinare un saggio storico, e dare spago agli araldi del tu-non-c'eri-mica. Anzi, la componente finzionale lambirà terreni molto scoscesi mescolando thriller, fantasy, afrofuturismo e chissà, magari anche un po' di wuxia. Per il resto, rimango assetato di storie riguardanti b-girl italiane attive negli anni 80 e nei primi anni 90: se ne conoscete qualcuna, di storia o di b-girl, inviatemi un piccione viaggiatore a nexusmoves@gmail.com.

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L'assenza dalle pagine di codesto blog, e l'inusuale presenza di contenuti tramite la mia Pagina Facebook e Twitter è dovuta alla preparazione di questa e altre iniziative che spero di poter trasferire qui su nexusmoves.com per poterle commentare assieme. 

E ora se volete scusarmi, torno a sturare un po' di appunti.   

giovedì 24 luglio 2014

Di come Urban Force si incontrò a Hip Hop Connection


Nel gruppo c'era un tipo che tirava qualche Thomas, un ragazzino che saltava sulla mano e una manciata di altri pischelli, più o meno volenterosi. Servivano powermove e clash, ed entrammo in gioco noi. Nacque la seconda generazione Urban Force.

Un passo indietro. Nell'agosto 2004 ero a Pesaro per partecipare ad un contest che avevo scoperto due anni prima: l'Hip Hop Connection (HHC). Un'altro passo indietro. Nell'agosto 2002, incontrai un ometto stempiato intento a provare dei ninetees lungo una traversa del lungomare pesarese. Diceva di avere 28 anni, ma aveva i 'quaranta' nel sangue, ed era un allievo di Carlo Dc Ace, uno storico b-boy della old school che rivaleggiava con personaggi del calibro di Next One e Crash Kid. La sua mossa preferita, che era poi la favorita del suo maestro e sarebbe diventata anche la mia, era la "corona". Conosciuta oltreoceano col nome di halo (aureola), questa mossa prevede la rotazione del corpo attorno alla circonferenza testa, grazie alla spinta coordinata di mani e gambe, giro dopo giro. La corona è una variante sghemba del giro sulla testa, una rotazione su di un asse obliquo quanto precario: dovevo impararla. L'estate 2002 fu l'estate della corona e a settembre ingranai i primi giri. Da quell'anno in poi, frequentai assiduamente HHC e strinsi una solida amicizia con l'omino delle corone e il suo compare più smilzo, Monsa e Ippo (Zinko), che insieme a Chrystelle organizzavano l'evento.

lunedì 7 luglio 2014

True Detective con filosofia: «Listen, Nietzsche, shut tha fuck up!»

True Detective non è fenomenale: è fenomenologica...Se  non avete ancora lasciato il sito, siete ben equipaggiati per affrontare un viaggio che ci porterà ai confini della nostra coscienza, dove incontreremo forme d'intelligenza emergenti, fisarmoniche temporali,  titillamenti esistenziali, etici, politici e svariati link demenziali attorno a questa miniserie senza precedenti targata HBO.

Da capo: True Detective non è fenomenale: è fenomenologica (i) in quanto noir (detective-deve-risolvere-delitto-ma-ne-rimane-co-involto); (ii) in quanto riflette sull'Io (cosa si prova ad essere me e perché ne ho coscienza?). Il famoso aforisma di Cartesio cogito ergo sum (o forse si trattava di Carlo Cracco?), non significa solamente che il pensiero è il fondamento della coscienza, bensì implica che non può esistere coscienza (res cogitans) senza esperienza empirica (res extensa). Corpo e mente hanno rapporti educatissimi: nessuno "trascende". Ma se mi chiedete di interpretare "filosoficamente" i dialoghi vernacolari dello sceneggiatore Nic Pizzolato, la mia risposta sarà la stessa di Rust Cohle (Matthew McConaughey):«Listen, Nietzsche, shut tha fuck up!». Poiché di perle di saggezza ne è pieno il mondo (cioè Facebook), qui la filosofia non la interpretiamo, ma la facciamo succedere attraverso immagini, suoni e, d'accordo, una piccola dose delle suddette perle.
Ma procediamo per ordine, cioè random.



La prima cosa che mi ha convinto del giovane regista anglo-nippo-svedese Cary Fukunaga (oltre la coerenza del nome), è stata questa inquadratura:

domenica 22 giugno 2014

Negoziare il lutto: in memoria di Alessio Spitfire, Magnimel Crew e Crash Kid

Si dice che l'elaborazione di un lutto segua cinque fasi: negazione, rabbia, depressione, negoziazione, ed infine, accettazione. Ma si può davvero "elaborare" un lutto? Del tipo: elaboro un impasto di farina e sforno una pizza, elaboro un calcolo e visualizzo il risultato? Purtroppo no. Quando spartisci con la morte, torni sempre a casa con gli spicci. Il resto è endemico, la consolazione è nomade. Per chi vive, la morte è inevitabile: per chi muore, la morte uccide la morte. E allora sì, e solo in quel caso, l'elaborazione è un gioco a somma zero. zero = zero.

Per noialtri che restiamo, si tratta di gestire questi spicci affinché non si accumulino e diventino schiaccianti macigni. Qualcheduno li raccoglie nel salvadanaio della fede, pensando che un giorno essi saranno il cambiavalute della vita eterna, mentre qualcun altro li scioglie e li spalma su tutto il corpo come olio abbronzante, pensando di raggiungere l'equilibrio terreno. Purtroppo no, sta roba non regge. Dio non esiste e tutti videogame prima o poi crashano.
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