giovedì 24 aprile 2014

Attack on Titan: resistere è un'esplorazione

Appiccicarsi coi Giganti non è cosa da nulla. Sono terrificanti, essi. Infatti i "titani" partoriti dalla matita di Hajime Isayama e trasposti in video dal Wit Studio, ci mangiano. Appaiono all'improvviso: occhi d'una innocenza ebete, nudità evirate del proprio sesso: corrono, ti afferrano e gnam! - sai già dal primo episodio come andrà a finire. I tuoi compagni verranno divorati, uno dopo l'altro, senza ragione (tranne quella della pulsione a divorare, smembrare e godere del dolore altrui). Nel medioevo steampunk di Attack on Titan, l'umanità si è cinta all'interno di 3 muraglie concentriche (Maria, Rosa e Sina), ma dopo un secolo di protezione coatta, un enorme gigante apparso dal nulla penetra all'interno di Maria, ed è il caos. La popolazione è decimata, le milizie umane massacrate e occorre addestrarne al più presto di nuove, a partire dai ragazzini sopravvissuti, o sarà la fine.


Fra di loro c'è il rivoltoso Eren e la gelida Mikasa, due giovani uniti da un'infanzia a dir poco sanguinaria. Il loro addestramento li porta a far parte del corpo degli esploratori, il ramo militare che rischia le chiappe all'esterno delle mura cercando di raccogliere informazioni sulla natura dei titani. I due diventano maestri del Rittai Kidō Sōchi, un marchingegno alimentato a gas che permette di volteggiare agilmente sfruttando un sistema di corde e rampini. Solo indossando questo "dispositivo per le manovre in 3D", gli esploratori possono sperare di colpire l'unico punto debole dei giganti: un lembo di carne posizionato poco al di sotto della nuca, la cui evirazione decreta l'immediata polverizzazione del mostro.




Si tratta dunque della solita solfa Noi vs Loro? Nemmeno per sogno. Difatti fra gli umani serpeggia il germe del tradimento e dell'insurrezione. Oltre a sussistere un sistema monarchico e centralizzato mirato prettamente alla difesa della roccaforte regia (vi ricorda qualcosa?), anche fra i tre corpi militari (la guarnigione di difesa, la gendarmeria aka gli sbirri, e gli esploratori di cui fanno parte Eren e Mikasa) non c'è unione. In particolare, le milizie che operano all'interno delle mura sono quasi del tutto inconsapevoli della terribile crudeltà dei giganti e tendono a "resistere" in maniera passiva e non-progettuale. Per gli esploratori è tutto il contrario: vedere i propri compagni inghiottiti nelle fauci dei mostri è un'esperienza ricorrente che ha generato un desiderio di vendetta mescolato ad un sentimento di empatia e sostegno collettivo.

Se da un lato Attack on Titan può rivelare tutta una retorica del sacrificio e del cameratismo, l'immaginario e la narrazione che sviluppa si apre ad interpretazioni più complesse e interessanti. Come accennato, il conflitto non è semplicemente fra due blocchi (Giganti vs Umani). C'è uno scontro fra generazioni sociali, fra corpi militari e gerarchie, fra abitanti delle diverse cinte murarie poiché non c'è accordo su quale strategia di resistenza da seguire. Il mondo prima dell'arrivo dei giganti (siamo in un utopico IX sec.) non è idealizzato: Eren e Mikasa subiscono e praticano la violenza già in età infantile. L'innocenza quindi non è mai esistita, perché il trauma è endemico. Gli stessi giganti hanno fattezze e volti umanamente familiari, benché il loro sguardo assente e la pulsione assassina li rendano apparentemente privi di coscienza e sentimenti. Non si tratta dell'ormai onnipervasiva "allegoria dello zombie" per cui l'ordine sociale è minacciato da una massa di ex-uomini che attacca sine ratio. In Attack on Titan ogni gigante è un monolite contro il quale una moltitudine di guerrieri e guerriere si scontra nel tentativo di difendersi, ma anche di decriptarne il segreto. E ben presto il dubbio che fra gli umani vi sia qualche gigante "in incognito" diventa palese. La "morte rossa", parafrasando il celebre racconto di Allan Poe, è in mezzo a noi, s'insinua dall'interno. Non rimane dunque che uscire alla scoperta, combattere collettivamente ma continuando a coltivare le proprie skills, manovrando un'esplorazione "in 3D" per capire che forse "il gigante che è in noi" è l'arma più potente per salvare l'umanità.

Insomma: #davedere.                

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