lunedì 2 marzo 2009

V e r i f i c h e

In questo libro, Ugo Mulas prende di petto la materia analogica della Fotografia per filtrarne l'essenza concettuale. Dalla pellicola (omaggio a Niepce) alla pelle, quella del corpo, per capire che il mondo e la sua traccia condividono una stessa ambiguità: l'Io.

"Tra il fotografo e 1'oggetto la macchina si anima, è un baluardo, ma non è più il comodo baluardo alia neutralita del fotografo, ne e un ostacolo al suo desiderio di intervenire. Ciò che mi prese allora fu proprio la constatazione di come il fotografo si lasci portare dalla macchina, e viceversa, di come la macchina porta il fotografo, con una scioltezza veramente insolita."

E penso a un Barthes sornione uscire dal cinema, a un Serafino Gubbio terminare l'ultimo giro di manovella.

Il mio è un "amore fotografico" per la vita.
Sono un meta-vouyeur che:
1. fotografa (traccia)
2. vede (interpreta)
3. osserva. (trascende)
Scelgo una lente, poi un'altra, zoommo, cambio focale, aumento l'esposizione, inquadro di nuovo.
Vi sembro così distante, per questo vi sento così dentro.

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