Un ombrello di troppo, fra la selva di manganelli, e Terni è tornata all'attenzione dei media nazionali. A seguito di uno scontro fra operai Ast e polizia, lo ius umbrellis è calato impietosamente sul primo cittadino ternano: apriti testa, apriti cielo. Seguendo il trend piddino, il sindaco De Girolamo ha paragonato l'accaduto ai soprusi di #occupygezi, millantando un trascorso di lotta e resistenza. Ora, cosciente che si tratti di un misero e frugale "fuoco di paglia" (mediatico e politico), vorrei portare all'attenzione di voi lettori un racconto della prima grande lotta per i diritti dei lavoratori avvenuta a Terni. A scriverla è Alessandro Portelli, storico e anglista con un'infazia ternana, che negli anni '80 ricerca e intervista il "cast" della Terni moderna. Qui è raccontata una strana storia che vede donne e bambini prendere in mano la serrata contro l'Ast (Acciai Speciali Terni) e armarsi di musica e cenere per contrastare la milizia giolittiana. Perchè rispolverare questo episodio? Non perchè "ogni lotta è la stessa lotta", ma piuttosto perchè è la "diversità" di ogni lotta a renderla degna di memoria ed esempio.
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La Serrata.
Nel 1905, gli operai della Terni avevano richiesto un regolamento di fabbrica, da concordare tra la società e i loro rappresentanti. Dopo un lungo sciopero, la Terni si impegna a presentare entro marzo 1907 un regolamento previamente discusso e contenente alcuni punti qualificanti (tra gli altri: mantenimento della paga nominale per gli operai passati di macchina; aumenti per i manovali e per il lavoro notturno; conservazione del posto per gli infortunati invalidi). Ma alla data stabilita la Terni presenta un regolamento non concordato che "Il Messaggero" definisce "degno della mente di Torquemada" per la "fitta e ferrea rete di piccole disposizioni disciplinari" tutte punibili col licenziamento. Tra i punti più dolenti è la libertà della società di licenziare chi si infortuna sul lavoro; [...]
Gli operai rispondono dichiarando l'ostruzionismo; la Terni annuncia che chi non firma entro una settimana sarà ritenuto dimissionario, e licenzia ventiquattro attivisti, tra cui Costantino Fusacchia, repubblicano, membro della lega metallurgica. Tuttavia, nessuno firma: la fabbrica si svuota, si spengono i forni. [...]