Titoli di coda.
Caro Luchino,
siamo giunti all'epilogo di questo bel viaggio intellettuale annacquato da risate grottesche. I tuoi film prima con lineare cadenza cronologica poi come una preghiera d'incenso, hanno riempito le nostre giornate, le nostre nottate. Una vita vissuta la tua, mai negata, proprio perchè così prepotentemente affrontata attorno al suo universale presupposto: la morte. Con te ho masticato i primi bocconi di melodramma, strizzato l'occhio ai romanticisti tedeschi e ai realisti francesi, e mettendo in discussione la mia cultura grammaticale, ho intimamente metabolizzato quel termine che sicuramente odi quanto me, ma che diventa necessario per sublimare in un solo termine la tua Arte: "Viscontiano". Arte che non è maniera, bensì modus, calice dal quale attingere umilmente a differenti nettari, prima rivoluzionari poi esistenziali, per sempre nostri.
Carissimo,
non poteva che terminare con l'amaro in bocca, con una dilatazione eccessiva seguita da una brusca ellissi (28!) che nega la perfezione del flusso e ricorda l'imperfezione dell'esistere.
Prima dei titoli di coda.
(5^ Sinfonia - Adagietto - di Gustav Mahler)
Un ultimo livido primo piano di Aschenbach, e il controcampo in ralenty della silouette di Tadzio. Lente lente lente le onde pietrificano il suo ultimo gesto. Poi piano americano, poi campo lungo, Aschenbach muore, poi campo lunghissimo. (ed era pure ora!)
Morte a Venezia
Anno: 1971
Regia: Luchino Visconti