lunedì 29 aprile 2013

Hip Hop Connection 2014: intervista a Monsa e Chrystelle

La notizia è del mese scorso: hanno sradicato un pezzo di storia dell'hip hop italiano. Hip Hop Connection (HHC), il più grande e longevo evento di breaking italiano, emigra forzatamente da Pesaro e Bologna. Destino coatto, quello di un evento che arriva alla sua 13^ edizione letteralmente in ginocchio. HHC è stato un decennio di sfide internazionali, scorribande in spiaggia, cerchi notturni e feste sino all'alba. Ha portato con continuità le prime crew internazionali in Italia e svezzato due generazioni di bboy e bgirl all'insegna della competizione e del divertimento. Ora questa eredità rischia di sparire e il mugugno nostalgico prende il posto della gratitudine."Ma che centra HHC a Bologna? Non è la stessa cosa!" - è il coro della scena italiana che minaccia di affossare ulteriormente i già raffreddati animi degli organizzatori.
Ho deciso di contattare Chrystelle e Monsa, fondatori e capibastioni dell'evento, per farci raccontare "l'arte della manutenzione" di HHC, ed offrirci una testimonianza più complessa e storicizzata sull'organizzazione di eventi hip hop in Italia. Facciamone tesoro.

***

Domanda secca: perchè HHC lascia Pesaro?

Chrystelle: Perché nessun assessore, nessun sindaco, nessun presidente della provincia, nessun politico ha capito il valore artistico, sociale, economico e turistico di HHC Arena e la potenzialità di sviluppo considerevole che poteva avere se fosse stato sostenuto al pari della qualità dello spettacolo che portava a Pesaro. Purtroppo non c’è solo Pesaro a non capire niente....datemi dei nomi di città che sostengono veramente un evento di breakdance in Italia, un assessore che si è mai veramente interessato a un evento di breaking? A volte la cecità dei politici mi crea una grandissima rabbia.
Vedo tantissimi soldi sprecati per eventi mediocrissimi ("la pizza più lunga del mondo"...ma dai!), di livello culturale ed artistico miserabili. Ti confesso poi che l’anno scorso, a causa (anche) della pioggia, io e Monsa abbiamo sofferto troppo. Davvero una via crucis, da cui siamo usciti devastati fisicamente, moralmente ed economicamente. Ci sembrava di vivere un’ingiustizia terribile: tanti sforzi e fatica, e dopo tutti questi anni nessun riconoscimento...tranne una marea di debiti.

Monsa: Il discorso è, al tempo stesso, molto semplice e molto complesso: Pesaro è una città malgovernata da 65 anni di giunte di "sinistra" (mai le virgolette sono state più opportune), completamente autoreferenziali ed avulse da qualsiasi realtà cittadina. I nostri amministratori, comunali e provinciali, appoggiano, solo ed esclusivamente, progetti "interni" al proprio gruppo o al propio entourage politico ignorando completamente, realtà e fenomeni sociali come HHC. Se a ciò aggiungiamo dirigenti del tutto inadeguati al ruolo che ricoprono, il risultato è abbastanza scontato. Faccio qualche esempio pratico per dare l'idea del clima politico che si respira qui a Pesaro. Lo scorso anno abbiamo offerto gratuitamente al comune di Pesaro l'utilizzo delle tribune che abbiamo fatto costruire a nostre spese per HHC. Io e Chrystelle ritenevamo abbastanza insensato far costruire un anfiteatro da 1200 posti da impiegare per i soli tre giorni di HHC. Abbiamo chiesto all'assessore al Turismo se voleva organizzare gratuitamente nell'anfiteatro da noi montato e pagato delle attività sportive o culturali prima o dopo HHC. L'assessore al Turismo ed il suo dirigente ci hanno risposto - grazie a Dio di fronte a dei testimoni perchè questa cosa non la crederebbe nessuno - che la cosa non interessava e che, anzi, le nostre tribune davano fastidio e, finito l'evento, dovevano essere subito smontate. Di lì a poco, sarebbe stato organizzato dal comune un "festival della danza" (anche qui le virgolette sono più che doverose) nel quale le diverse scuole della città avrebbero fatto ballare i propri allievi per strada su delle pedane di legno appositamente allestite. Il risultato di questo "festival" è stato a dir poco patetico. Il ritorno turistico, meno che zero. Ancora: il presidente della Provincia di Pesaro-Urbino – un bravo ragazzo che era in compagnia con me quando eravamo giovani e cui do del "tu" da sempre - non ci ha neppure ricevuto quando gli abbiamo chiesto (più volte) un appuntamento ed ha organizzato, in piena crisi economica e con l'intero settore del mobile pesarese in cassaintegrazione, un festival dedicato – lo credereste mai? - alla "felicità", invitando a parlare il meglio del peggio della intellighenzia di "sinistra". Sotto un altro profilo la città di Pesaro ha perduto alcune strutture essenziali (l'arena di Villa Caprile, il vecchio palazzetto dello sport) necessarie per organizzare qualsiasi tipo di manifestazione. Anche qui la colpa, però, è squisitamente politica perchè le corrette manutenzioni non si sono fatte quando si dovevano fare nella segreta e malcelata speranza di poter abbattere e vendere ai privati. Insomma se un venditore di fumo come Beppe Grillo ha un quarto dei voti degli italiani qualche ragione ci sarà. Infine, sotto un altro diverso e più complesso profilo, Pesaro è una città molto particolare che ricorda la Dublino di James Joyce: borghese, efficiente, ma anche molto fredda ed imperscrutabile. Non è semplicissimo conquistare il cuore dei pesaresi, gente in gamba ma molto nordica, professionale, impenetrabile e sempre uguale a se stessa. Insomma: Pesaro non è proprio quella città dove la gente si lascia innamorare di te...


Nell'immaginario comune HHC è un soleggiato weekend estivo, centinaia di breaker intorno alla Palla di Pomodoro, airflare sull'erba e footwork sul lungomare. La scena italiana porta nel cuore queste immagini, ma pochissimi sanno cosa rappresenta per voi che siete nella "stanza dei bottoni", personalmente. Raccontateci...

Monsa: Mah, io non lo so cosa significhi HHC per il mondo della breakdance in Italia. Io e Chrystelle abbiamo costruito questo evento a nostra immagine e somiglianza cedendo il meno possibile a compromessi ma senza mai fare i talebani della cultura Hip Hop. Inizialmente HHC era l'evento con gli ospiti stranieri. Oggi tutti gli eventi hanno ospiti stranieri e, in tutta sincerità, non lo so più che cosa ci trovi un ragazzo di quindici o sedici anni in questa nostra manifestazione: forse vede in noi "la tradizione", forse il "genitore" con cui confrontarsi, forse, purtroppo, solo un battle come un altro con tanti ospiti stranieri ed un bel montepremi. Personalmente, so che significa HHC per quelli più grandicelli, quelli che ormai i venti anni li hanno passati da un pezzo. Per loro HHC è diventato una specie di rito collettivo, una messa laica che la nostra comunità sente il bisogno di celebrare almeno una volta l'anno. Come in Il Re a Horm el–Hagar di Dino Buzzati o The call of Ctulhu di H.P. Lovecraft, arriva il momento in cui tutti gli appartenenti ad una certa razza, senza bisogno di tanti perchè, sanno benissimo che è giunto il momento di mettersi in marcia e convergere all'Hip Hop Connection. Noi siamo, in qualche modo, la pelle dei vostri padri.

Chrystelle: Per me HHC Arena è la cosa più bella che ho fatto nella vita...ma anche la cosa per la quale ho più sofferto in assoluto. In tutti questi anni sono andata a vedere tanti eventi in Europa, e non ho mai ritrovato il calore e l’atmosfera unica che c’è a HHC (e questo me lo dicono tutti!). È questo particolare che mi rende orgogliosa del mio evento. Tanti anni fa Pumba (Urban Force) mi ha detto una cosa che mi è rimasta impressa. Mi ha detto: “io non vengo a HHC per vincere, ci vengo per ballare tra amici, divertirmi, scollare qualche birra, andare la mare e poi se vinco tanto meglio ma non è il mio unico scopo”. Per me HHC è e deve rimanere questo! Poi penso di non sbagliare dicendo che io e Monsa abbiamo sempre fatto HHC Arena per i breaker e non abbiamo mai tradito la nostra etica per scopi commerciali, anche se a volte non è stato facile perché il mercato ti chiede di proporre una cosa e sai che rifiutando magari perderai entrate. Ma alla fine rifiuti lo stesso. Ad esempio abbiamo sempre rifiutato dream team, per una questione etica. Ogni anno c’è qualche organizzatore che ci propone dream team francesi, americani, italiani, ma per me e Monsa è una mancanza di rispetto per le altre crew: quindi la risposta è sempre stata no!


Riprendendo le atmosfere distopiche dei romanzi citati da Monsa: mettiamo che Hip Hop Conncetion chiuda i battenti. Dopo 13 anni di presenza, quali porte aprirebbe e/o chiuderebbe l'uscita di questo "rito collettivo"? Che ripercussioni avrebbe sulla "questione etica" della scena italiana? Insomma, come sarebbe il mondo senza HHC?

Chrystelle: Forse dovreste dircelo voi! L’anno scorso Cima mi ha mandato un bellissimo sms per l’anno nuovo: “grazie Chrystelle anche perchè mi ricorderò sempre che sei stata la prima a darmi l’opportunità di andare a ballare all’estero”. Non puoi capire come mi ha reso felice questo sms, perchè ho veramente fatto di tutto per fare sì che gli italiani siano riconosciuti all'estero. Paradossalmente, io credo in loro più di loro stessi! Una volta ho mandato Kacyo in Francia a un 1vs1 e ha vinto contro Soso dei Melting Force. Prima non lo conosceva nessuno, dopo la gente è impazzita per lui. Quindi per risponderti: senza HHC bisognerebbe cercare un’altra organizzazione che ami i breaker quanto li amiamo, rispettiamo e ammiriamo io e Monsa...e non sarebbe facile credimi! 

Monsa: Come sarebbe il mondo senza HHC? Il mondo sarebbe lo stesso: solo gli stupidi credono che il mondo possa fare a meno di loro. Senza di noi ci sarebbe stato, forse, qualche altro evento importante quanto il nostro o anche di più. Quello che ti posso anticipare è che quella di quest'anno sarà un' edizione di transizione verso un nuovo HHC e, forse, non è un caso che anche l'IBE abbia sentito quest'anno l'esigenza trasformarsi in altro. Mai come in questo momento sento il bisogno di guardare alla sola scena italiana. Ho fortemente voluto le più forti crew straniere in Italia, in tutti questi anni, perchè alla scena italiana mancava ancora un livello tecnico ed artistico rispetto alla scena estera. Oggi il livello in Italia è cresciuto moltissimo e credo, di conseguenza, il mio ruolo di organizzatore sia profondamente mutato. Io non devo più fare crescere la scena italiana ma devo offrire a questa una grande vetrina. Credo sia giunto il tempo di raccogliere quello che abbiamo seminato. Ci saranno dei grandi cambiamenti. HHC deve diventare l'evento dove le crew straniere devono venire a battere quelle  italiane, e non viceversa. Non so se mi spiego: è un mutamento radicale di prospettiva. Io voglio che le protagoniste di HHC siano le crew che ho visto crescere e maturare in questi anni: Bandits, De Klan, Last Alive, Style Shot, Ormus Force, Urban Force, ecc. Ma dovrete attendere l'edizione del 2014 perchè, quest'anno, HHC non può ancora realizzare questo cambiamento.

Chrystelle: Comunque quest’anno siamo riusciti a salvare HHC ARENA grazie a Ennio Tricoli (il titolare della Cruisin’) e saremmo i 15 & 16 giugno alla Fiera di Bologna all’interno del Jambo un evento enorme dedicato al freestyle. Non ci sarà la spiaggia ma tutti gli ingredienti di HHC: bravi dj e crew internazionali....poi per l’anno prossimo vedremo dove ci porterà il vento!


Come si dice: Nemo profeta in patria. Ma la scena italiana ce l'ha mai avuta una patria? La logica che potremmo definire del "multiplex" (la convergenza di molti piccoli eventi nelle stesse date) è irreversibile, o si può ancora coltivare un main event di carattere nazionale come negli anni d'oro di Vibrazioni Positive a Cesena, il Bboy Event a Bologna e ovviamente HHC?

Chrystelle: Ti dico di sì, o almeno lo spero. Anche per questo motivo, dopo la nostra decisione di spostarci a Bologna all'interno del Jambo, abbiamo deciso di organizzare l'Hip Hop Connection BEACH sabato 27 Luglio in piazzale Roma a Riccione. Questo perchè, come hai detto prima, la storia di HHC è legata ad un evento che si fa all'aperto, sotto le stelle, vicino al mare. Faremo un crew vs crew, 2vs2 e under 14 prettamente italiano ma con una giuria internazionale. L'evento sarà gratuito e lo vediamo molto come "un Bboy Event sul mare". Sarà una jam tra amici in cui il breaking italiano sarà il vero protagonista (in vista c'è anche una band funk dal vivo!). Credo moltissimo in questo nuovo progetto e non vedo l’ora!

Monsa: A volte cercare di prevedere il futuro è solo un modo come un altro per perdere la faccia. Credo che il proliferare di piccoli eventi low cost, pompati dalla rete come se neppure fossero il BOTY International, sia il destino dei nostri anni così profondamente segnati da una crisi economica che solo gli stupidi credono reversibile. Attenzione: il fatto che ci siano tanti piccoli eventi non è un male in sè: paradossalmente sono proprio i piccoli eventi quelli che mi piacciono di più e quelli dove mi diverto di più. Naturalmente poi se ne pagano le conseguenze. A forza di organizzare contest 2 vs 2 per risparmiare sui voli aerei, il concetto di crew – che per me è il vero ed unico pilastro della "cultura" hip hop – è venuto meno. A piccoli eventi corrisponde una piccola visibilità per cui, poi, gli sponsor non sono interessati; se non ci sono gli sponsor, non ci sono i soldi, se non ci sono i soldi l'evento è e sarà sempre più piccolo e via dicendo. In merito ai cosiddetti main event credo che ci siano già grandi eventi in Italia tra cui, sicuramente il nostro ma anche molti altri. Va sicuramente recuperato il Bboy Event, o meglio, il luogo dove si svolgeva [l'arena del fiera district di Bologna suggerita da Crash Kyd, ndr] perchè quell'arena fa parte della storia della breakdance italiana. Di questa cosa ne ho parlato, recentemente, con altri organizzatori e può essere che, prima o poi, salti fuori qualcosa di buono.

Torniamo allora al Bboy Event 2001. Ho 17 anni e con la mia telecamera effettuo una panoramica sul pubblico dell'arena, mentre i Fightin Soul di Torino si sfidano contro 5 bboy scelti a caso tra la folla. Oggi, a circa un decennio di distanza, non incontro più nessuno di quei volti. Centinaia di persone che seguivano la scena sono letteralmente volatilizzate. Quanto vi spaventa la velocità del cambio generazionale? 

Monsa: Mah, non so cosa dire. Il ricambio generazionale non mi fa paura. Se non vedi oggi le facce che ricordi al Bboy Event del 2001 significa solo che quelle persone non erano veri bboy. Vedi, funziona così: quando questa cosa ti entra dentro, diventa parte della tua vita e non puoi più farne a meno; anche se invecchi, se perdi i capelli o hai le ginocchia marce come me. Ti racconto questo episodio. Quest'anno ero al Cruisin' di Riccione, e verso mezzanotte becco un cerchio di ragazzini con un signore di 45 anni (minimo) che stava lì ad aspettare il suo momento di entrare e aspettava esattamente con la stessa grinta di quando, di anni, ne aveva venti di meno. Non esiste nessun ricambio generazionale. Una volta che sei dentro, è per sempre.

Chrystelle: Io sinceramente non vedo tanto il cambio generazionale. Forse dalle vostre parti a Roma sì, ma dalle nostre vi dico proprio di no. Non vedo aumentare il numero di veri breaker (sì nelle scuole di danza, no nei cerchi o ai contest) e questo a volte mi preoccupa. Sembrano un po’ come gli orsi bianchi del polo nord: in via di estinzione! Poi, per tornare alla tua ultima domanda, ti direi che per me il breaking è unico e straordinario proprio perché evolve di continuo, non si ferma mai, crea, crea, crea...sembra a volte di aver visto tutto e poi capita il ballerino che tira una cosa mai vista. Il breaking ti tiene sempre in allerta perché è una danza viva (se la compari al classico ti rende l’idea!) e ti sorprende sempre. Io sono una patita della breakdance, è la danza che mi crea più brividi ed emozioni in assoluto. Come dimenticare la finale dei Magnimel contro i Fantastik Armada nel 2004, i Top 9 contro i Wanted nel 2007, i Phase T contro i Body Carnival nel 2011 ecc. Quale spettacolo più straordinario di quello?! Per tutto questo, dopo ben 13 anni ho sempre la voglia di organizzare HHC.

Monsa: Ti confesso che ho qualche difficoltà ad immedesimarmi con i dilatatori della new school italiana ma è naturale che sia così e, forse, un giorno anche mia figlia avrà – ahimè! – le orecchie traforate o la pelle disegnata con immondi tatuaggi tribali.

Alvin dei Magnimel crew, Hip Hop Connection 2004.

Chrystelle: Io e Monsa non abbiamo tatuaggi da nessuna parte, ma un tatuaggio nella memoria sì: la morte dei nostri amici (Ciùciù, Alvin, Goran e Ilenia) nel 2004, il giorno dopo la straordinaria vittoria dei Magnimel contro i Fantastik Armada. Quell'evento della 4° edizione di HHC ci ha segnato per sempre e non c'è un edizione che organizziamo senza che ripensiamo a loro. La loro gioia di ballare e la loro volontà di vincere potrebbero essere un esempio oggi per tutti i breaker, grandi e piccoli, e dovrebbe ricordarci sempre che il breaking è una danza, un divertimento. Le cose gravi sono da un'altra parte!

1 commento:

  1. Tenete duro! pochi come me posso capire la vostra fatica e la frustrazione!

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