lunedì 24 settembre 2012

freeLosofia del Breaking - Capitolo 1



1. Perchè una freelosofia?


Chiariamolo subito: il breaking non è una danza. Dire che sia “anche” una danza è altrettanto fallace. Non si tratta di un anti-danza (abolizione dei canoni secolarizzati della danza accademica) né di una non-danza (uscita dal piano di referenza delle danze o balli tradizionali). Siamo nel regno della tautologia oppisitiva: il breaking è il breaking, fuori dal quale c'è solo una mancanza. Il primo breaks del breaking è quello che rompe la dicotomia danza/ballo, triturando ogni approccio duale in quella melassa problematica che in seguito verrà chiamata “jam”. Definire il breaking è come definire la sostanza di una ferita: qual'è la sua massa? Quanto dura un taglio? Il breaking è ontologicamente mancante: non è pura espressione, non è arte, non è un'estetica, non è un luogo, non è una tecnica, non è sociale, non è culturale, non è danza né ballo e soprattutto non è una filosofia.

Il breaking rompe e irrompe nella realtà nei primi anni settanta del novecento a New York, West Bronx e poi anche nel South. I kids sbracciano, reclamano un buco nella folla, teste che si abbassano, ginocchia che si flettono, rotolano, ingiuriano il terreno di Echo e Crotona Park, Skating Palace e numerosi campi sportivi delle high school. Prima a casa (house party), poi in strada (block party), il diciannovenne Kool Herc origina il concetto di breaks musicale. Isola la parte di percussione di una canzone (breakdown) e la ripropone in loop passando la stessa copia di un album da un giradischi all'altro (breakbeat). Si chiamano breaks perchè amputano il continuum musicale: nasce il cerchio. Kool Herc conierà il termine b-girl e b-boy, dove la “b” sta per break, boogie, beat o boing (in riferimento al ponpon saltellante in cima ai cappelli di lana). Nascerà il b-boying e il b-girling. Non si balla, “si brekka”. Alba dell'Hip Hop, i breaks nascono al tramonto di un'altra rottura, quella fra le gang del Bronx che nel 1971 firmarono un trattato di “Unity e Peace” capitolando la guerra territoriale degli anni '60 e lasciando che il proprio flusso violento si impastasse poco a poco di creatività repressa. Il sangue continuava a scorrere nelle strade, ma la spirale di violenza aveva incominciato ad incanalarsi nel tubo di scarico di una nuova corrente di espressione divergente.

martedì 11 settembre 2012

Il Web Gnostico: teoria del complotto e ideologia della rete (2/3)


NB: questa è la seconda parte di un post "a puntate". Se ti fossi perso la prima clicca qui.

§

Per teoria del complotto si intende una teoria che offre un’interpretazione alternativa alla versione ufficiale, di determinati eventi ad opera di una cospirazione o complotto. In ambito storico e sociologico, questo termine è usato per indicare quelle “cospirazioni” che non hanno avuto una plausibilità scientifica. Non solo molte teorie del complotto non si basano su prove o fatti empiricamente dimostrabili ma non seguono nemmeno le norme internazionali del metodo scientifico, il quale prevede la contestualizzazione storico-critica dei dati, il confronto con altri autori e l’elaborazione di una teoria che sia (“salvo prova contraria”) la più plausibile per analizzare un determinato fenomeno. In aggiunta, un altro tratto caratteristico delle teorie complottiste è quello che in psicanalisi è definito “eccessivo investimento libidico” da parte del soggetto (cfr. Lacan e Zizek). Esempio: io sono geloso del mio partner. Non importa se effettivamente egli mi tradisca o meno. Il fatto che io provi gelosia va aldilà dell'eventuale prova di tradimento. Paradossalmente, anche se effettivamente il mio partner mi tradisse, i motivi della mia gelosia sarebbero lo stesso di natura patologica. Insomma, non è in virtù di una teoria ragionata, che scaturisce la passione per la lotta, ma al contrario, è grazie a un’eccesso di libido che sono indotto ad elaborare una teoria per razionalizzare le mie azioni.
Di conseguenza, non solo tendo ad abbracciare quelle teorie che più si confanno alla mia inclinazione psicologica, ma tendo a prendere per buoni ed assumere su me stesso alcuni metodi di interpretazione che utilizzo – come si è detto nella prima parte del post – per il mio lavoro di ricerca personale della verità. Questi metodi, che hanno lo stupefacente vantaggio di farci capire “immediatamente” come va il mondo, sono ben circoscrivibili prendendo alcune nozioni di base di semiologia, epistemologia ed ermeneutica. Tenterò ancora una volta di sintetizzarne alcune, con l’invito ad approfondire qualitativamente a fronte della bibliografia in appendice.

mercoledì 5 settembre 2012

Wake me up when September dance!


Tornare in città è perturbante. Vedi il sogno estivo sublimarsi lentamente nel neonato andirivieni della metropoli. Tornano a girare i tornelli, insomma. Con loro la pioggia, i pantaloni lunghi e internet. Così, dopo la solita ecatombe di agosto, si riesuma il pc in cerca di utenti superstiti. A dir la verità molti di noi on-line lo sono stati sempre. In spiaggia, piuttosto che nei vicoli del paesino medievale, il ticchettiò degli smartfoniani ha scandito le nostre vacanze. O di chi se l'è potute permettere. O chi - come il sottoscritto - le ha solo "spacciate" per vacanze. "Grande è la confusione sotto al cielo. La situazione è eccellente" - disse il tizio tatuato sulla spalla di Mike Tyson.

***
Torno da un Agosto di fuoco, dove l'unica cosa ad essere ancora infiammata è la mia povera schiena. Nove giorni di street show in giro per la riviera e un altro paio di salti nel Salento. L'esperimento è costato caro sia al pubblico (assai magnanimo con gli spiccioli), sia al sottoscritto che ne ha maturato gli interessi in termini di contratture ed escoriazioni. Mi sono imbattuto in tali persone, situazioni e fatti da ispirare il Lewis Carroll che e in me e iniziare la stesura di un racconto, simile invero, al mio vagabondaggio artistico. Presto (cioè fra un bel pò di settimane) on-line su questo blog.
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